“Il Sud da Regno a colonia del Nord”, dibattito nell’aula consiliare

di Redazione

Raffaele MarinoAversa. Il presidente dell’associazione culturale Borbonica Terra di Lavoro, Pompeo De Chiara,ha presentato, con il patrocinio del Comune di Aversa, il momento culturale che si è tenuto sabato 7 dicembre, nell’aula consiliare, …

… quale strumento di ulteriore e completa informazione scientifica sull’epopea risorgimentale che segnò profondamente le sorti del Sud Italia. Si ha necessità di comprendere come il nostro territorio fosse stato considerato impropriamente una “questione meridionale” e che, diversamente, recenti studi e statistiche di enti prestigiosi come la Banca d’Italia, il Cnr, l’Università, hanno posto in luce aspetti che contraddicono il limite territoriale coinvolgendo tutto lo Stato italiano la cui scarsa presenza sui territori meridiani è stata devastante per il suo sviluppo generando la famosa “questione”.

Come si evince ancor più chiaramente dai saggi del compianto Luigi De Rosa – docente di Storia economica alla Luiss di Roma – e dello storico Nicola Zitara, il Sud Italia ha subìto politiche nazionali nord-centriche ovvero politiche che fin dal 1861 hanno favorito lo sviluppo economico delle regioni del Nord a danno di quelle del meridione.

Il consigliere comunale di Aversa, Raffaele Marino, da tempo ha sposato le tesi revisionistiche storiche che danno una diversa immagine di un Sud risorgimentale non in condizioni di estrema arretratezza e disagio sociale ma con primati nel campo dell’economia e della società di tutto rispetto. Ed è proprio per rendere omaggio ad una dinastia di regnanti, i Borbone Due Sicilie, oltraggiata e vilipesa oltremodo da una storiografia allineata ed ossequiosa al nuovo regime italiano, che Marino ha proposto l’intitolazione di una piazza aversana ad uno di loro. L’evento che si terrà nella sua città, che ha fortemente voluto,si preannuncia di altissimo valore culturale per la presenza di tre testimoni letterari legati da un unico filo conduttore: l’analisi e le prospettive concrete per il riscatto del Mezzogiorno che in seguito alla unità italiana si è degradato da Regno a colonia interna.

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La trilogia bibliografica che si propone parte da un testo del professor Vincenzo Gulì “Il saccheggio del sud” che esamina come l’unità italiana sia stata un pretesto per salvare l’economia ed il bilancio statale del Regno sabaudo-piemontese da una sicura bancarotta a danno delle cospicue risorse finanziarie delle regioni meridionali (ex Regno delle Due Sicilie). L’elencazione dei primati sudisti in tutti i campi e l’analisi con il calcolo delle risorse depredate dai piemontesi e private al meridione d’Italia fa nascere il dubbio all’ascoltatore di come certe verità sulle vere ragioni dell’unità italiana siano state occultate e rimosse dalla coscienza collettiva degli italiani.

A quest’ultima domanda ha provato a rispondere il giornalista Pino Aprile, autore del best seller italiano ed europeo “Terroni”, che, con il record di vendite nel 2010 e 2011, ha diffuso le verità risorgimentali più di quanto ci fossero riusciti un gruppo di ricercatori studiosi della storia del mezzogiorno d’Italia da 20 anni a questa parte. Il testo esamina soprattutto gli aspetti di una “psicologia di massa” soggetta alla sindrome di Stoccolma che ha incatenato il popolo meridionale ad una “assistenza statale” e non più ad essere “protagonista della propria Storia” come lo fu nei secoli XVIII e XIX. Il libro ci lascia con il racconto di tante realtà produttive del sud Italia, concrete eccellenze nei vari settori dell’economia nazionale e che, nonostante tutto e tutti, lasciano ben sperare.

Una speranza che viene raccolta dall’ultimo autore del testo provocatorio “Separiamoci”, il giornalista economico del Mattino, Marco Esposito, già assessore alle politiche di sviluppo di Napoli, che partendo dall’analisi politico-istituzionale degli ultimi 20 anni, evidenzia con grande professionalità, come il Sud Italia sia stato “sistematicamente” depauperato sia dei fondi ordinari-statali sia di quelli Europei utilizzati per progetti ed incrementi di spesa nelle aree del Nord Italia.

Si giunge alla conclusione, attraverso conti elementari, che le regioni meridionali stanno “pagando” allo Stato italiano più di quanto ricevano dallo stesso in beni e servizi (tra l’altro insufficienti e di pessima qualità). Un paradosso che bisogna correggere al più presto altrimenti il senso provocatorio del testo può diventare concreta convinzione tra i cittadini del Sud Italia sempre più consapevoli di una condizione di colonia in cui versano e quindi di una forte e rabbiosa naturale richiesta di autonomia rispetto all’Italia.

Per quanto “provocatoria” il lettore arriva a tale conclusione quasi spontaneamente in quanto ravvede in essa un percorso obbligato per non emigrare più, per non essere più vittime di un biocidio da avvelenamento da rifiuti tossici, per dimostrare che senza più l’aiuto “assistenziale” e caritatevole dello Stato siamo capaci “autonomamente” a rialzarci e camminare con pari dignità sullo stesso sentiero del progresso economico.

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