Strage Lampedusa: “Le donne sul barcone furono violentate”

di Mena Grimaldi
 PALERMO. Emergono
particolari inquietanti dall’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale
antimafia di Palermo, che ha portato all’arresto del presunto organizzatore
della traversata del barcone naufragato davanti alle coste di Lampedusa lo
scorso 3 ottobre.

Un viaggio della morte, costato la vita a 366 eritrei,
partiti dalla Libia nella speranza di una vita diversa. Tutte le donne che
viaggiavano sul barcone diretto a Lampedusa sarebbero state violentate dagli
scafisti, come è emerso dalle testimonianze dei sopravvissuti.

Caravone di
migranti in fuga verso altri Paesi vengono sequestrati da gruppi armati di
somali e libici, nel deserto tra Sudan e Libia.

Rinchiusi nel campo
di concentramento di Sheba, subiscono torture fisiche e violenze sessuali. Una
ricostruzione del procuratore aggiunto di Palermo Maurizio Scalia: “Gruppi armati che agivano con pic-up dotati di
mitragliatrice. Violentavano le donne e le offrivano in dono ai miliziani lungo
il viaggio”.

Alle famiglie viene chiesto un riscatto. Poi i migranti vengono
portati sulle coste e imbarcati per l’Italia; per il viaggio pagano 5mila
dollari all’organizzazione, un gruppo da intendere, secondo gli inquirenti, “compartimenti modulari” in cui più soggetti
ricoprivano ruoli di comando.

L’arrestato si chiama Mouhamud Elmi Muhidin, un somalo di 24 anni, appartenente ai
miliziani armati, fermato dagli agenti di Palermo ed Agrigento e dal Servizio
centrale operativo di Roma nel centro di accoglienza di Lampedusa, dove fingeva
di essere uno dei superstiti, che lo hanno invece riconosciuto ed hanno tentato
di linciarlo.

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