Processo Meredith, perizia dna coltello di Sollecito

di Emma Zampella

 FIRENZE. È stata rilevata una traccia di Dna sul coltello ritrovato in casa di Raffaele Sollecito: quella che l’accusa ipotizza possa essere l’arma del delitto, sarà analizzata dai Ris dei carabinieri di Roma.

Nell’ordinanza si chiede ai periti di esprimersi ”sull’attribuzione della traccia, se sia riconducibile a Meredith o a Guede”. Raffaele Sollecito, come riferito dal suo avvocato, parlerà in aula per una dichiarazione spontanea. La Corte d’assise d’appello di Firenze, nella seconda udienza del nuovo processo per l’omicidio di Meredith Kercher, ha affidato ai periti del Ris dei carabinieri di Roma l’analisi del reperto. Sono stati incaricati dell’operazione due ufficiali dei carabinieri dei Ris di Roma il maggiore Andrea Berti e il capitano Filippo Barni.

Gli ufficiali della sezione di biologia dei Ris, che non si sono mai occupati in precedenza dell’omicidio di Meredith Kercher, inizieranno le indagini giovedì 10 ottobre alle ore 14 presso la sede dei Ris di Roma. Un atto necessario, l’ha definito l’avvocato della famiglia Kercher, Francesco Maresca, la perizia fatta in appello era incompleta. “Le conclusione le trae la Corte. Se vengono rintracciati profili genetici di imputati o vittima si fa un ulteriore passo avanti”.Per Giulia Bongiono, avvocato di Sollecito, bisogna affidarsi solo alle prove scientifiche e documentali.”Il quesito che pongo e porrò sino alla fine è come è possibile che sulla scena del delitto non ci siano tracce di Sollecito”. Raffaele non era in aula ma in una delle prossime udienze farà una dichiarazione spontanea.

Il suo avvocato Luca Maori. “Non è venuto perchè la sua presenza avrebbe concentrato l’attenzione su di lui, non va bene perchè deve essere sul processo”. Amanda segue il processo dagli Stati Uniti e comunica con i suoi avvocati via sms. La prossima udienza sarà il 6 novembre. In quell’occasione si terrà l’esame dei periti e dei consulenti di parte nel contraddittorio processuale. Successivamente inizierà con la relazione del procuratore generale la discussione della causa. Intanto nell’udienza di venerdì è stato ascoltato Luciano Aviello, un ex collaboratore di giustizia che è stato compagno di cella di Sollecito, già ascoltato nei processi perugini quando accusò il fratello dell’omicidio, ma poi, per quelle dichiarazioni, venne indagato per calunnia. Aviello è stato chiamato a testimoniare di nuovo per una questione meramente procedurale. Lo stesso presidente della Corte d’assise d’appello di Firenze ha ricordato come le sue dichiarazioni lo abbiano portato all’accusa di calunnia e che il processo si aprirà nel gennaio del 2014.

Aviello, attualmente detenuto in carcere ad Ivrea, ha risposto alle domande spiegando anche di chiamarsi Luciano Lucia e di essere in attesa di “un cambio di sesso”. Nella sua dichiarazione ha detto: “Sull’accusa a mio fratello (deceduto, ndr) non cambio idea, mio fratello è il colpevole, non lo sono nè Amanda nè Sollecito. Tutto il resto è noia”. Secondo Aviello l’omicidio sarebbe avvenuto durante una rapina. Scettici sulle dichiarazioni tutti i legali: la stessa avvocato Giulia Bongiorno, che difende Sollecito, ha glissato un commento su Aviello, rispondendo che il giudizio si deve basare su “prove certe”.

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