Mediaset, i giudici su Berlusconi “Ideatore di un sistema di frode”

di Mena Grimaldi
 ROMA. “Il ruolo
pubblicamente assunto dall’imputato, non più e non solo come uno dei principali
imprenditori incidenti sull’economia italiana, ma anche e soprattutto come uomo
politico, aggrava la valutazione della sua condotta”.

Così ribadiscono i
giudici della Corte d’Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con
cui Silvio Berlusconi è stato
condannato a 2 anni di interdizione dai pubblici uffici per il caso Mediaset,
in seguito alla condanna a quattro anni di reclusione (di cui tre coperti da
indulto) per frode fiscale nella compravendita dei diritti tv da parte del
gruppo Mediaset.

I giudici hanno ritenuto il leader del Pdl “ideatore,
organizzatore del sistema (…) creato anche per poter più facilmente occultare
l’evasione”.

“La sentenza – si legge -ha definitivamente accertato
che Berlusconi è stato l’ideatore e organizzatore negli anni ’80 della galassia
di società estere, alcune delle quali occulte, colletrici di fondi neri e, per
quanto qui interessa, apparenti intermediarie nell’acquisto dei diritti
televisivi”.

“Alla luce di tali considerazioni – continuano i giudici della
Corte di Appello – si ritiene che anche la durata della pena accessoria della
interdizione dai pubblici uffici debba essere commisurata alla oggettiva
gravità dei fatti contestati e quindi non possa attestarsi sul minimo della
pena”.

E poi l’appunto tra la differenza tra interdizione e la decadenza. “Nella
Legge Severino – chiariscono – la condanna penale è presa in considerazione
come presupposto per la incandidabilità del soggetto, ovvero per la valutazione
della sua decadenza dal mandato elettorale conferitogli”.

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