Milano: ucciso il boss Pasquale Tatone, domenica toccò al fratello

di Redazione

 CASALUCE. A distanza di tre giorni dall’omicidio del fratello Emanuele (e dell’autista Paolo Simone), mercoledì sera è stato ucciso anche suo fratello Pasquale Tatone, boss di Quarto Oggiaro, ammazzato a colpi di arma da fuoco nella sua auto nel cuore del quartiere di Milano dove da anni la famiglia gestisce il traffico di droga.

L’agguato segna una svolta nelle indagini sul duplice omicidio di domenica scorsa in un campo al confine con Novate Milanese, che a questo punto si profila sempre più come l’inizio di una possibile faida negli ambienti della criminalità.

E’ probabile che qualcuno voglia eliminare dalla piazza la famiglia Tatone, originaria di Casaluce (Caserta), che forse da “troppo tempo” ha il controllo del territorio. Una cosa appare comunque chiara: Pasquale Tatone era tranquillo, non immaginava di essere un bersaglio. Altrimenti non sarebbe andato a vedere la partita in un locale di Quarto Oggiaro senza protezione, e non sarebbe andato via in auto da solo, intorno alle 22.30. Chi lo ha ucciso ha atteso che entrasse nella vettura parcheggiata in via Pascarella, all’altezza del civico 11, e poi gli ha sparato contro diversi colpi dalla parte del guidatore.

Sulla tipologia dell’arma non ci sono ancora conferme, ma alcuni testimoni arrivati subito dopo gli spari hanno parlato di grosse cartucce simili a quelle utilizzate per i fucili. Se così fosse, sarebbe un’arma diversa da quella che ha ucciso suo fratello Emanuele e Simone, la quale, secondo i risultati dell’autopsia condotta sabato mattina all’Istituto di medicina legale di Milano, potrebbe essere un revolver. Gli investigatori avevano parlato da subito di un’esecuzione, e ora la loro ricostruzione pare prendere preoccupante consistenza.

Pasquale Tatone, scampato a un agguato nel 1994, era considerato il capo della famiglia di origine campane che ha fatto la storia della mala nel quartiere alla periferia nord del capoluogo lombardo.

La famiglia Tatone è una delle più influenti negli ambienti criminali del quartiere, soprattutto per la gestione della droga, anche se Emanuele da tempo era uscito dal giro a causa della sua dipendenza dalla droga. La storia della famiglia Tatone parte da Rosa Famiano, che nella primavera del 1972 decise di trasferirsi da Casaluce, piccolo centro dell’agro aversano, a Milano. Il marito, Antonio Tatone, non era d’accordo, e lei partì con i figli, quattro maschi adolescenti e una bambina: Mario, Pasquale, Emanuele, Adelina e Nicola.

Trovarono casa a Quarto Oggiaro, zona dormitorio sorta in quel periodo. Il 15enne Mario fu il primo a cacciarsi nei guai, con un furto alla Standa: si fece un anno al Beccaria e ne uscì con il tatuaggio della mala, cinque piccoli punti sulla mano sinistra. Dopo Mario, a ruota tutti i fratelli finirono dietro le sbarre, inizialmente per furto d’auto, e poi rapine, spaccio di droga, tentati omicidi. Anche Adelina, sposata a un boss della Sacra Corona Unita, fu arrestata per una serie di rapine attuate con un braccio ingessato usato come arma impropria. Nel 1987, in tre mesi, finirono nuovamente in galera Emanuele, Pasquale e Nicola, con le accuse di omicidio per il primo, tentato omicidio per gli altri due.

Emanuele, pur ricercato, girava indisturbato per il quartiere: i carabinieri lo arrestarono al bar, e per uscire dal locale dovettero farsi largo armi in pugno. Fu poi assolto per insufficienza di prove. Pasquale e Nicola avevano sparato a bruciapelo un colpo di lupara contro un meccanico : morto per aver osato spostare la loro Golf, parcheggiata davanti al passo carraio dell’officina.

Alla fine soltanto mamma Rosa era riuscita a evitare il carcere, pur sospettata di essere la “regista” del clan. Finì dietro le sbarre nel novembre 1992, assieme alla figlia Adelina, per spaccio di droga: “nonna Eroina”, la chiamavano.

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