Camorra, presi i fiancheggiatori del boss Panaro: i nomi e le immagini

di Redazione
 CASAL DI PRINCIPE. 14 persone sono state arrestate, all’alba di martedì, dai carabinieri del nucleo operativo di Casal di Principe, per aver fatto parte della rete di fiancheggiatori che coprì la latitanza del boss Nicola Panaro.

GLI ARRESTATI. Nicola Panaro, 45 anni, già detenuto; Maria Consiglia Diana, 36, di San Cipriano; Antonio Diana, 61, di Lusciano; Mauro Diana, 45, di San Cipriano; Dionigi Diana, 27, di San Cipriano; Cipriano Diana, 37, di Parete; Mafalda Diana, 39, di San Cipriano; Luigi Di Caterino, 44, di San Cipriano; Pasquale Di Bernardo, 31, di Villa Literno; Paolo Panaro, 32, di Casal di Principe; Giovanna Giuseppe Romano, 54 anni, di Villa Literno; Franco Serao, 49, di San Cipriano; Raffaele Serao, 55, di Castel Volturno; Giuseppe Verrone, 36, di San Cipriano.

Le accuse, formulate dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, sono di procurata inosservanza di pena, di intestazione fittizia di beni aggravata, di alterazione di documenti d’identità aggravata – tutti con l’aggravante per aver favorito una organizzazione camorristica – e di ricettazione. Numerosi gli indagati, ai quali sono stati notificati avvisi di garanzia. Eseguiti, dai militari della Guardia di Finanza di Aversa, anche numerosi sequestri di beni immobili, quote societarie, terreni, autovetture e motoveicoli riconducibili agli indagati.

Le indagini, avviate a seguito della cattura, eseguita dai carabinieri il 14 aprile 2010, di Nicola Panaro, allora esponente di vertice dell’organizzazione della fazione Schiavone del clan dei casalesi, hanno permesso di individuare una fitta rete di fiancheggiatori, grazie ad una consistente attività di intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione e pedinamento, escussione di collaboratori di giustizia, accertamenti patrimoniali e analisi della numerosa documentazione, cartacea e informatica, sequestrata in occasione dell’arresto del latitante. La rete era composta, oltre che dai familiari del latitante, da persone ritenute insospettabili in quanto completamente estranee a contesti criminali.

Tra gli arrestati un dipendente dell’Ufficio Anagrafe del Comune di San Cipriano d’Aversa, Raffaele Serao, accusato di avere rilasciato carte d’identità contraffatte, riportanti le foto di Panaro e della moglie con i dati anagrafici del fratello e della cognata dello stesso impiegato.

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Grazie all’assistenza continua assicuratagli dalla rete di fiancheggiatoti, nei sette anni di latitanza Panaro riusciva agevolmente a muoversi sia sul territorio nazionale che all’estero. Dall’analisi del materiale sequestrato, infatti, è emerso che il latitante effettuava, in compagnia di familiari e amici, numerosi soggiorni in diverse località turistiche italiane e, in una circostanza, addirittura fuori dai confini nazionali, nel pieno centro a Montecarlo. Panaro riusciva anche a incontrare periodicamente i familiari in una villa con piscina (sottoposta a sequestro), a San Nicola Arcella, in provincia di Cosenza.

Tra i destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere vi è anche il figlio della proprietaria dell’abitazione di Lusciano dove il latitante venne scovato, che forniva a quest’ultimo apparecchiature tecniche per la bonifica da microspie.

Nell’elencodegli indagati anche un’insospettabile maestra, accusata di favoreggiamento,e un parroco dell’agro aversano, oggi viceparroco in una chiesa del napoletano, che avrebbe scritto diverse lettere di incoraggiamento a Panaro, invitandolo a “farsi coraggio” e garantendogli di pregare ogni giorno per lui, dicendosi disponibile ad aiutarlo.

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