Terra dei Fuochi, in campo l’Unità di Ematologia del “Moscati”

di Antonio Arduino

Clemente Martone AVERSA. Nella “Terra dei Fuochi” dove i rifiuti speciali sepolti creano tumori c’è chi li combatte con impegno. Sono i sette medici, compreso il direttore, e una decina di infermieri dell’Unità operativa complessa di ematologia dell’ospedale di Aversa, diretta da Giuseppe Caparrotti, attiva dal primo giugno 2011.

Un reparto nato, dopo la ridistribuzione dei servizi sanitari fruibili nei nosocomi dell’Asl Caserta, trasferendo quanto esisteva in quel presidio da un quarto di secolo, fornendo l’ospedale Moscati di un servizio particolarmente importante per l’utenza di un territorio avvelenato dai tanti depositi di materiali tossici che inquinano l’ambiente. Sedici posti letto per la degenza, un day-hospital per chemioterapia al quale afferiscono mediamente 30 persone ogni giorno, dal lunedì al sabato, un ambulatorio funzionante dal lunedì al venerdì che assicura assistenza a pazienti con problemi ematologici che non necessitano di chemio terapia, trattando 20 ammalati ogni giorno perché lavora solo in orario mattutino per carenza di personale medico da utilizzare in un eventuale turno pomeridiano.

Numeri che danno la sensazione di un problema presente nel territorio che, mediamente, causa 450 ricoveri all’anno. “Ammalati che seguo tutti personalmente”, dice Clemente Martone (nella foto), responsabile del reparto che ha una statistica impressionante.

“Nel corso del 2012 – continua lo specialista – sono state diagnosticati e trattanti 35 nuovi ammalati di leucemie acute, tra mieloide e linfoblasti che”. “Una malattia che – commenta Martone – purtroppo sembra in aumento giacché nel corso del 2013 abbiamo già una statistica di una ventina ammalati affetti da leucemie acute, patologie diagnosticate qui direttamente in reparto grazie all’autonomia di cui disponiamo, essendo dotati di un laboratorio in reparto che ci permette di essere indipendenti da quello che serve l’intera struttura ospedaliera, cosicché siamo in grado di fare diagnosi di leucemia acuta nel giro di due ore”. “Che – aggiunge – trattate tutte qui tranne quelle che hanno bisogno di autotrapianto che inviamo a strutture attrezzate per questo tipo di cura giacché, al momento, non siamo ancora in condizioni di fare da soli”.

Naturalmente l’unità operativa potrebbe fare ancora di più se l’organico fosse adeguato alle esigenze del territorio che, rispetto a quando l’ematologia operava nell’ospedale di San Felice, sono aumentate mentre il personale è ridotto praticamente alla metà, dal momento che in quel nosocomio disponeva di 13 medici. Circa la correlazione tra leucemia e ambiente, negata da Renato Balduzzi, ministro della salute del governo Monti, in un convegno tenuto ad Aversa. Lo specialista afferma: “Pur non essendo dimostrabile scientificamente una correlazione diretta tra inquinamento ambientale e leucemie, è un dato di fatto, evidenziato dalla letteratura specializzata, che agenti chimici e sostanze tossiche possono creare danni genetici che possono sviluppare ed evolvere in leucemie”.

“E – aggiunge – noi vediamo un grande numero di ammalati di leucemia provenienti per la gran parte questo territorio”. Conferma la tesi di Martone il responsabile dell’Unità operativa. “E’ un dato di fatto, – dice Caparrotti – provato da elementi scientifici inconfutabili che l’80 per cento delle neoplasie riconosce una ‘origine ambientale’, ossia perché l’ambiente è inquinato”.

“Ambiente significa – precisa lo specialista – alimentazione, aria che si respira, stile di vita”. “Quindi, non si può negare che in un ambiente inquinato l’incidenza dei tumori aumenti. Anche perché, da un punto di vista epidemiologico, è riconosciuta l’origine ambientale del tumore”, conclude Caparrotti, basando le sue affermazioni sull’esperienza di un reparto in cui ogni anno afferiscono 3500 pazienti, di cui mille affetti da problemi onco-ematologici, tra i quali in particolare linfomi, mielomi, leucemie acute, leucemia linfatica cronica, mielodisplasie.

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