Aversa, raccolta firme dei Gd per il registro tumori

di Redazione

 AVERSA. Sabato 5 ottobre, dalle ore 16 alle ore 21, il gruppo aversano dei Giovani Democratici sarà in piazza, in via Roma, angolo del bar Pelosi, per una petizione a sostegno dell’istituzione del registro tumori in ogni comune della provincia.

Il consiglio regionale della Campania, con la legge numero 19 del luglio 2012 (approvata all’unanimità), aveva già previsto l’istituzione di un registro dei tumori in ogni comune della regione tuttavia la legge fu fatta male e fu bocciata dall’organo di controllo dello Stato italiano perchè ritenuta troppo onerosa (si prevedeva di spendere oltre un miliardo di euro per questo registro) non prevedendo che se ne occupasse l’istituto ‘Pascale’, bensì un “team” che lavorasse sotto il controllo della Regione.

Come spiegato anche dall’organizzazione giovanile, l’errore principale nell’approvazione del registro tumori è stato quello non solo di tardare l’avvio ma anche di speculare sul problema. “In nessuna parte del mondo controllore e controllati possono essere le stesse persone” spiega esplicitamente un membro del gruppo. E ancora “Eliminare l’Istituto di ricovero e cura’Pascale’ dal progetto è stato un errore che non si doveva commettere”.

Un’iniziativa, quella del gruppo giovanile di Aversa, mirata a dire basta alle speculazioni politiche sulla salute e a richiedere con forza l’immediata e corretta applicazione della legge.

Riportiamo, inoltre, il comunicato realizzato dal gruppo Giovanile di Napoli e provincia sempre sul tema del registro tumori.

Una strage silenziosa e continua. Nelle terre fra Napoli e Caserta i decessi, per patologie tumorali e malformazioni congenite, sono aumentati, in pochi anni, del 47% tra gli uomini e del 40% tra le donne, a causa dell’inquinamento ambientale, principalmente dovuto allo smaltimento illegale dei rifiuti tossici da parte della malavita organizzata; uno dei business più redditizi della camorra. Un’emergenza straziante e sotto gli occhi di tutti.

Eppure, il registro dei tumori continua a restare nei cassetti della nostra Giunta regionale. La Campania, nonostante la tragedia-inquinamento, è fra le pochissime regioni italiane a esserne ancora sprovvista. Sono numerose le inchieste giudiziarie che attestano il rischio salute in regione ma dimostrare i nessi tra sorgenti avvelenate e morti per cancro resta impresa ardua senza cifre né dati scientifici. Le date sono impietose ed eloquenti. Il 10 luglio 2012, all’unanimità, i 62 consiglieri approvarono in Regione Campania la legge numero 19 che istituiva il registro per i tumori.

Una legge tanto attesa ma pochi mesi dopo, il 14 settembre 2012, l’Autorizzazione unica ambientale, organo di controllo dello Stato italiano, impugnò dinanzi alla Corte costituzionale la legge perché «contenente alcune disposizioni in contrasto con il piano di rientro dal disavanzo sanitario della Campania». La Consulta, infine, accolse l’istanza e bocciò il registro, giudicandolo «troppo oneroso e fuori budget» (1 milione e mezzo è il costo annuale). I giudici, con la sentenza numero 79, ritennero che «la legge approvata in Campania viola gli articoli 117 comma 3 e 120 comma 2 della Costituzione».

Ma che vuol dire? Vuol dire, spiegarono i giudici, che «non è il registro a essere censurato, ma l’istituzione di nuovi uffici e di nuovi incarichi professionali che imporrebbero oneri aggiuntivi incompatibili con il piano di rientro previsto per la Campania». Insomma, i consiglieri regionali approvarono all’unanimità una legge sacrosanta, ma sbagliandone l’elaborazione.

Di fronte al no della Consulta, il 24 settembre 2012 il governatore Caldoro varò un decreto legge che puntava ad attivare comunque il registro tumori in attesa che sul piano legislativo fosse elaborata una nuova proposta. Solo un’illusione. L’ennesima. Il decreto di Caldoro innescò, infatti, un meccanismo che da subito apparve farraginoso e, per molti aspetti, gattopardesco. «Nel decreto, il coordinamento e la lettura dei dati raccolti dalle Asl», spiega il dott. Marfella (tossicologo oncologo), «non vengono affidati, come accade in Lombardia e ovunque, all’istituto di ricerca oncologica Pascale ma all’Osservatorio epidemiologico regionale, cioè a una struttura che opera sotto il diretto controllo della Regione».

A dirigere l’Osservatorio è dal 1987, cioè da 26 anni, Renato Pizzuti, stimato professionista che però ricopre anche l’incarico di direttore del dipartimento per la Sanità regionale, comparto che è privo di assessore, visto che il governatore ne ha assunto le deleghe. «Insomma», conclude l’oncologo, «ancora una volta i ruoli si confondono: controllore e controllato finiscono per sovrapporsi». A discutere e a decidere sui dati e sul da farsi sarà, infine, un comitato scientifico che Caldoro ha costituito scegliendo 12 fra i docenti e i ricercatori disponibili.

L’unico esponente dell’istituto Pascale ammesso è l’epidemiologo Maurizio Montella. Dopo otto mesi, il bilancio di Montella è da brividi. «Per me commissioni e comitati come questo non servono: sono solo un modo per allungare il brodo», denuncia. E poi aggiunge: «Eliminare l’istituto Pascale dal coordinamento dei lavori è stato un errore imperdonabile: in Svezia, in Europa, in altre zone d’Italia una simile assurdità non sarebbe stata mai consentita. Dalle Asl non sono arrivati dati ma solo uno studio sui costi e sui tempi del monitoraggio». La verità, secondo il medico, è un’altra: «Sono 20 anni che su questo tragico tema si gioca a scaricabarile per beghe interne, voglia di visibilità, smania di finanziamenti».”

Eppure nonostante tutto, nonostante i numerosi ostacoli che la popolazione, i gruppi di ricerca e le associazioni stanno incontrando, arrendersi sarebbe la cosa peggiore da fare. Ogni giorno 10 nostri concittadini (genitori, figli, fratelli, amici o semplici conoscenti) si svegliano e scoprono di essere affetti da una patologia tumorale e la cosa peggiore è che siamo ormai così abituati che non ci sorprendiamo più: vediamo questa malattia come una specie di “norma”, ci rattristiamo quando veniamo a sapere che qualcuno si ammala, ne conosciamo la gravita ma sappiamo anche che vivendo qui era quasi inevitabile.

Compito principale di ogni comunità è quello di garantire la salubrità del proprio ambiente e di fare in modo che i cittadini non subiscano danni alla salute. Per questo il registro tumori è ora più che mai uno strumento fondamentale per la programmazione e la prevenzione. Esso sarebbe capace di rendere nota la reale entità del problema e far aprire gli occhi anche a chi ancora cerca di tenerli chiusi parlando di un problema legato agli “stili di vita”.

Esso sarebbe capace di avvisarci del pericolo, renderci partecipi dello scempio, renderci consapevoli. E rendere consapevole chi doveva tutelarci, chi può ancora farlo con bonifiche e misure preventive sanitarie. Per questo chiediamo a noi tutti di iniziare una campagna di sensibilizzazione sul registro dei tumori (con relativa raccolta firme), per le nostre vite, per il nostro futuro, per la nostra dignità di cittadini.

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