Eos e Cgil insieme per l’integrazione

di Redazione

 CASTEL VOLTURNO. Nati e cresciuti in Italia, amici e parenti nel nostro Paese, eppure destinati a lottare per il diritto di rimanere sulla propria terra. è questo il destino di 4 ragazzi, tre dei quali ancora affidati alla Comunità di tipo familiare “Eos”, italiani per nascita, lingua e formazione ma per la legge poco più che clandestini.

La comunità Eos si sta mobilitando per garantire la permanenza sul nostro territorio nazionale a dispetto di una normativa, quella italiana, rigidamente incardinata sul principio dello “Iussanguinis”.

Le conseguenze del quadro normativo della nostra penisola si concretizzano in iniquità le cui vittime sono ragazzi dal vissuto familiare già sofferto, al quale c’è il rischio di aggiungere un’altra atroce beffa: quella dello sradicamento dalla propria terra. “Regolarizzazione”: è questa la parola magica, il diritto che si fa utopia per il quale stanno duramente lavorando la dottoressa Giuseppina Di Grazia, presidente cooperativa sociale Eos Onlus, in collaborazione con Susan Darboe, responsabile della Cgil Immigrazione di Castel Volturno e altresì dell’Urp Anagrafe al Comune di Castel Volturno.

La creazione di quest’ultimo sportello ha rappresentato un momento esemplare di collaborazione fra un ente comunale e un sindacato che sul territorio domiziano è attentissimo alle tematiche dell’integrazione.

entre la dottoressa Di Grazia ci spiega che la pratica per i quattro ragazzi prevede “un passaggio in ambasciata, a Roma, per l’identificazione e la successiva acquisizione del passaporto, per poi riuscire a ottenere un permesso di soggiorno”, è Susan Darboe, icona della battaglia per l’integrazione nella nostra provincia, a descriverci come la situazione dei quattro ragazzi sia in realtà un vulnus tipico del quadro legislativo italiano: “I quattro ragazzi seguiti da Eos rappresentano una paradigma tristemente noto: sono italiani al 100%. Nati qua, hanno studiato qua, vissuto da noi e dall’Italia non sono mai andati via. Tre di loro sono minorenni e, in quanto affidati alla comunità, godono ancora di permessi di soggiorno temporanei. Il quarto, appena maggiorenne, rischia l’espulsione. Attualmente gode di un permesso speciale del questore di Caserta per motivi umanitari, ma la regolarizzazione è l’unico modo per garantire serenità al ragazzo”. I paradossi della legge sono ben spiegati da Susan: “Se fossero stati senza genitori sarebbero stati considerati apolidi e quindi diventati cittadini italiani. I genitori però ce li hanno e, anche se hanno vissuto affidati alla comunità, ne ereditano la nazionalità. La battaglia per lo ius soli che la Cgil e il ministro Kyenge portano avanti serve proprio per restituire umanità a casi come quelli dei quattro ragazzi aiutati dalla comunità Eos”.

Nonostante il riserbo che contraddistingue il lavoro, sempre dietro le quinte, della cooperativa Eos, talvolta raccontare può servire a sensibilizzare, lì dove battaglie che appaiono astratte e di principio si abbattono sulle vite di ragazzi che vivono, da sempre nelle nostre città.

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