Rua, i genitori dei volontari visitano la città di Capua

di Redazione

 CAPUA. “Il motivo di questo incontro è nel condividere, in un unico abbraccio, la lettura dell’azione intensa che ha preceduto la cerimonia di giuramento dei giovani volontari del 3° Blocco 2013 che voi potrete seguire domani”.

Così il col. Domenico Roma – comandante del 17° Rgt Acqui incardinato nel Raggruppamento Unità Addestrative (Rua) che ha sede nella gigantesca Caserma Salomone e guidato dal generale di Divisione Antonio Zambuco – ha esordito, nell’assolato pomeriggio di mercoledì 25 settembre, davanti ad oltre 600 familiari dei giovani volontari in ferma prefissata di un anno chiamati a prestare giuramento nella mattinata di giovedì 26.

Genitori, nonni, fratelli, fidanzate, cugini…invitati dal Rua e divisi in due megagruppi di circa 300 unità hanno infatti seguito, nel grande hangar, un efficace briefing illustrativo denominato A-B-C e riferito, in pregevole sintesi, all’Addestramento, alla Bandiera, alla Comunicazione: tre perni della prima fase formativa in cui il comandante Roma profondamente crede.

E all’uopo, accanto a lui, s’è attivato uno staff formato da varie unità tecnico-operative. Questo il team di prim’ordine: cap. Alberto Nicolella (coordinatore), mar. ord. Domenico Montanaro (che ha curato all’ingresso l’accoglienza degli ospiti), mar. ord. Antonio De Rosa (impegnato a guidarli all’osservazione della mostra statica di armi e mezzi militari: dagli AR 70/90 alle mitragliatrici di reparto Minimi, dagli Spas-15 alle armi di simulazione Softair fra le quali spiccavano gli M-4, i G-36, i Mauser e le maschere protettive che il c.le magg. Antonio Signore ha mostrato come ulteriori presìdi di sicurezza; dai VBL, più noti come Puma, ai camion Alm 80, dai VM 90 impiegati per il trasporto delle persone alle jeep AR 90) e due conduttori – il mar. ord. Giuseppe Varone e il 1° c.le magg. Francesco Scasciamacchia – che, in stretta collaborazione con il colonnello, hanno spiegato le slides ed i filmati che giravano sul maxischermo, passando appunto in rassegna i tempi, le modalità ed i fattori distintivi dell’A-b-c- grazie ai quali, in poche settimane, avviene il …“miracolo” della trasformazione cognitiva, emotiva e comportamentale di tanti giovani che aspirano alla carriera nell’ambito dell’Esercito italiano.

 Al termine di tale circostanziata esperienza informativa, molto apprezzata dai familiari di soldati e soldatesse visibilmente trepidanti alla vigilia del giuramento, si sono mossi i pullman militari che hanno condotto i visitatori ad ammirare le bellezze storico-artistiche di Capua e particolarmente il Museo Campano (dove il 1° c.le magg. Simone Santoro, il c.le magg. Antonella Ardolino e il c.le magg. Carol Di Primio – autentici “ciceroni” in divisa – hanno guidato tre distinti gruppi).

Fin qui la cronaca essenziale, ma non è possibile non far scattare, al margine, un grappolo di pensieri che fanno capo ad almeno tre osservazioni fondamentali.

La prima: un/una giovane che lascia la famiglia per intraprendere la vita militare, oggi a livello altamente professionale, si sente non poco gratificato quando si dà ai suoi cari rimasti a casa l’opportunità di raggiungerli e conoscere da vicino e con dovizia di documentate informazioni l’attività della “sua” Forza Armata.

La seconda: centinaia di persone che arrivano in città per trattenervisi quantomeno 36-48 ore rappresentano, oltretutto, un consistente impulso sociale, civile, nonché (diciamolo!) economico a prevalente vantaggio di bar, ristoranti, alberghi, negozi…; ed in simili circostanze la comunità cittadina si vivacizza, palpita diversamente, s’infoltisce d’impatto, conosce visi e sorrisi vai visti prima, insomma si arricchisce benché estemporaneamente.

La terza: il bla-bla su un serio rilancio del turismo in Italia e sulle invocate sinergie interistituzionali è dilagante, perfino seccante quando è soltanto predica; invece, allorché e laddove matura un vero progetto condiviso è altra musica ed è, per l’appunto, quella germogliata, per la fattispecie, a Capua e che va naturalmente moltiplicata.

Ma ci volevano un alto ufficiale dell’Esercito e la sua sensibilità culturale e da convinto educatore per aprire il varco? E’ proprio vero: soltanto la Cultura, quella C maiuscola, può salvarci.

di Raffaele Raimondo

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