Napoli, la Mehari di Giancarlo Siani torna a casa

di Mena Grimaldi

 NAPOLI. Giancarlo Siani con quella Mehari ne aveva macinati tanti di chilometri tra Napoli e Torre Annunziata. La conoscevano tutti, sempre lì, parcheggiata di traverso. Come chi rincorre le notizie, le cerca, e si muove da un capo all’altro della città.

La Mehari verde aveva vissuto con Giancarlo gli anni più belli della sua vita, i suoi sogni di giovane cronista precario, ma anche il più brutto: il 23 settembre del 1985. Oggi, dopo 28 anni, la Mehari è ritornata a “casa”, ha attraversato le strade della città partenopea fino al luogo da sempre sognato da Siani: via Chiatamone, la sede centrale de Il Mattino.

La giornata è iniziata la deposizione di fiori alle Rampe Sianicon il sindaco Luigi de Magistris, il presidente della Provincia, Antonio Pentangelo, il presidente della Regione Stefano Caldoro, Valeria Valente, in rappresentanza della presidente della Camera, Laura Boldrini, e altre autorità. “Inizia così la staffetta.Celebrazione non rituale, ma dando un contenuto.

La lotta della camorra è troppo importante per essere ridotta a una opera di testimonianza. Il nostro compito deve essere quello di contribuire alla comprensione dei fenomeni”, sono state le parole del direttore de Il Mattino, Alessandro Barbano.

“Siani amava la ricerca della verità, era un archeologo della verità, scavava sempre in profondità, non si fermava mai in superficie e cercava di fare emergere le contraddizioni”, ha detto, invece, don Ciotti.

Il primo a riaccendere il motore, è stato Roberto Saviano che a bordo ha affermato: “La ripartenza della Mehari significa che riparte tutto. Riparte anche Napoli. Il mio cuore a mille”.Davanti alla sede del quotidiano, parlaPaolo Siani che ricorda il percorso che il fratello Giancarlo “faceva ogni giorno”.

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A salutare l’arrivo della Mehari, tra gli altri,Rosaria Capacchione, parlamentare e cronista del Mattino minacciata dalla camorra che da anni vive sotto scorta.

Il “Siani day” si è concluso con un convegno sulla legalità nella sede del quotidiano con le relazioni di Mario Parente, comandante dei Ros: sulla droga e le relazioni internazionali; il magistratoRaffaele Cantone, componente della task-force anti criminalità della Presidenza del Consiglio, il procuratoreGiovanni Colangelo che riprende la parola sul fenomeno della Terra dei fuochi; il presidente della Regione Campania,Stefano Caldoro; il presidente della Provincia,Antonio Pentangelo; Caterina Chinnici capodipartimento per la Giustizia minorile.

Di seguito, riportiamo una parte dell’articolo firmato da Vittorio del Tufo, giornalista storico de Il Mattino, che nei giorni scorsi, insieme ai colleghi che hanno condiviso con Giancarlo quegli anni, ne hanno scritto il ricordo più bello fatto fino a oggi:

I ragazzi della Mehari avevano la stessa età di Giancarlo e guardavano il mondo con gli stessi occhi. Li puoi vedere, sorridenti, nelle vecchie foto che in redazione qualcuno ancora conserva. Con Giancarlo, hanno fatto un pezzo di strada assieme. Hanno attraversato lo stesso spazio e lo stesso tempo, hanno riempito di sogni gli stessi taccuini. I ragazzi della Mehari erano Francesco, Daniela, Eze,Gianpaolo, Alberto, Antonio, Goffredo, Vinni, Michele. E molti altri. I capelli sono più grigi ma i ricordi non sbiadiscono, sono entrati nel sangue e lì sono rimasti. E molti dei loro, dei nostri ricordi, sono legati proprio alla macchina che il cronista del Mattino, assassinato nel 1985, stava parcheggiando a due passi da casa, in piazza Leonardo, quando entrarono in azione le belve della camorra. Quell’auto gli somigliava, dicono tutti. Quell’auto parlava di lui.

Daniela Limoncelli, una vita al Mattino, con Giancarlo Siani condivideva tutto. “Quell’estate, l’estate dell’85, in redazione eravamo quattro gatti. Era agosto, le famiglie in vacanza, ricordo un clima di allegria, l’atmosfera distesa. La Cronaca del Mattino non era il nostro lavoro, era la nostra vita. Ci sentivamo unitissimi, e in qualche modo, un modo che forse non riesco a spiegare, ci proteggevamo a vicenda. Era naturale, a fine giornata, uscire assieme”. E la Mehari di Giancarlo, quando la tensione della giornata si scioglieva in un boccale di birra, c’era sempre. “Era una macchina giovane e allegra, come l’atmosfera che si respirava tra di noi. Ecco, la Mehari faceva parte di questa atmosfera”…

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