La Concordia in piedi, Schettino si trincera nel silenzio

di Antonio Taglialatela

 NAPOLI. Impresa senza precedenti: la Concordia, alle 4 del mattino, si è allineata. L’operazione di rotazione (parbuckling), dunque, si è conclusa con successo.

Applausi, abbracci, scene di gioia tra i tantissimi che hanno seguito da vicino il lavoro dei tecnici, degli ingegneri, degli uomini della Protezione civile che da lunedì mattina hanno risollevato la Costa Concordia e, insieme, anche l’immagine di un Paese che era naufragata insieme alla nave sugli scogli dell’Isola del Giglio, nell’arcipelago toscano, quel 13 gennaio 2012. 32 i morti e decine i feriti, tra le 4229 persone a bordo, provocati dall’incidente.Qualcuno si è commosso fino alle lacrime, come il sindaco dell’isola, mentre nel porto e a largo suonavano in segno di festa le sirene delle navi.

La Concordia, ruotata di 65 gradi, si trova in posizione verticale e poggia sulle piattaforme create ad hoc a formare un fondale artificiale a circa 30 metri di profondità. Ora si può pensare a studiare le fasi successive, montando i cassoni per farla galleggiare, e successivamente spostare, ma soltanto dopo aver valutato i danni. La prima cosa da fare è la messa in sicurezza della Concordia: bisogna controllare le condizioni della fiancata danneggiata: sul lato si notano le deformazioni provocate dagli scogli. Inoltre, restano da verificare le condizioni delle acque, scongiurando la fuoriuscita di sostanze inquinanti, anche se dall’Osservatorio ambientale appositamente istituito per la Concordia non ritengono ci saranno scarichi tali da poter creare una “bomba ecologica”.

L’operazione di allineamento della nave Costa era cominciata verso le 9 del mattino di lunedì, con un tempo complessivo stimato in circa 12 ore. Tempo che in seguito si è considerevolmente allungato, anche se i responsabili hanno sempre negato complicazioni nell’operazione. Durante le fasi di rotazione si sono anche cercati, per ora senza successo, i corpi dei due dispersi Maria Grazia Trecarichi e Russel Rebello.

 Si è trattato della più grande operazione di recupero navale della storia, per le dimensioni del relitto (300 metri e 114mila tonnellate di peso) e per il contesto ambientale (oltre 30mila tonnellate di acciaio, pari a quattro volte il peso della Torre Eiffel, 500 persone al lavoro, 22 mezzi coinvolti), affidata al Master Salvage Nick Sloane del consorzio Titan Micoperi.

Nella fase iniziale la Concordia è stata imbragata con 36 cavi di acciaio con un tiro iniziale di 60 tonnellate. Cavi, con incremento di tiro di circa 10 tonnellate, serviti fino alla rotazione di 24 gradi. Il movimento è stato monitorato con le apparecchiature e per mezzo di telecamere subacquee. Per riportare in piedi lo scafo i cavi sono stati tirati di circa 21 metri, 3,5 metri per ogni ora in modo da effettuare un’azione costante ma non pericolosa per la struttura della nave. Per ruotare la Concordia i tecnici hanno poi posizionato sei piattaforme marine, di cui le tre maggiori misurano 15 metri per cinque, sorrette da 21 pali di 1.6 metri di diametro, fissati alla roccia ad una profondità di 9 metri, che assieme ai sacchi di una speciale malta cementizia (da recuperare ad operazioni ultimate) saranno il nuovo letto della nave. I martinetti idraulici collegati alle catene di acciaio sono utilizzati per “tirare” lo scafo da due lati.

Tutte le operazioni sono avvenute da remoto, per motivi di sicurezza, da una “control room”, con all’interno una decina di tecnici, allestita su una chiatta posizionata davanti alla prua della Concordia e ad essa collegata con un doppio cavo per la trasmissione dei comandi. Il resto dello staff ha seguito le operazioni in una “salvage room” collocata a terra. La fase più delicata è stata quella iniziale, quando lo scafo doveva essere disincagliato dalle rocce. Ciò mentre l’Agenzia regionale di protezione ambientale “Arpat” toscana effettuava, da terra, prelievi di acqua ogni ora per controllare eventuali forme di inquinamento dovute al recupero.

Nessun commento dall’ex comandante Francesco Schettino, che resta l’unico imputato per la tragedia del Giglio. I suoi legali fanno sapere che è chiuso nella sua casa a Meta di Sorrento (Napoli) e studia le carte del processo con i suoi avvocati, non risponde né al telefono né agli amici.

VIDEO

Scrivici su Whatsapp
Benvenuto in Pupia. Come possiamo aiutarti?
RedazioneWhatsappWhatsApp
Condividi con un amico