De Rosa e la “falsa apoliticità”

di Redazione

 AVERSA. Leggo spesso, anche da parte di movimenti e associazioni positivamente attivi, la ripetuta rivendicazione orgogliosa di apoliticità.

Ne capisco tutte le ragioni, molte le condivido anche. C’è però un veleno in questa affermazione che rischia di annichilire o di svuotare di esiti concreti le azioni molto positive che essi mettono in campo. Esse sono infatti azioni profondamente, intimamente, inequivocabilmente politiche, volte cioè a modificare l’amministrazione, l’organizzazione e la direzione della vita pubblica. Dichiararle apolitiche è innanzitutto falso. Ma se ciò servisse ad attrarre energie e a catalizzare attenzioni più vaste non sarebbe negativo o intollerabile.
La affermata e ribadita apoliticità invece serve a far sparire in un colpo la distinzione tra la buona e la cattiva politica, evoca una notte in cui tutte le vacche sono nere. Invece oggi c’è un gran bisogno di tracciare una linea che distingua la buona dalla cattiva politica, il buon giornalismo dal cattivo, la buona amministrazione dalla cattiva, il buon imprenditore dal cattivo, l’onesto dal ladro, l’intelligente dal furbo, chi paga le tasse da chi non le paga.
E’ una svolta etica profonda che occorre praticare. L’indistinta notte delle alfa privative spegne la luce sulla melma del nostro paese che invece andrebbe messa sotto i riflettori e giudicata impietosamente. Anche le macchie di scuro che temiamo di dover scorgere in noi stessi.

Luca De Rosa

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