Siria, pronto piano militare. Bonino: “Italia fuori senza ok dell’Onu”

di Redazione

 ROMA. La crisi siriana sta spingendo le varie diplomazie internazionali a schierarsi, spinte dalle dure parole del segretario di Stato John Kerry nei confronti del regime di Assad.

E da Londra arrivano segnali di un imminente attacco occidentale alla Siria: “Le forze armate britanniche stanno mettendo a punto un piano di emergenza nell’eventualità di una risposta militare al presunto attacco chimico in Siria” spiegano da Downing Street il presidente Cameron. Anche fonti diplomatiche, da Parigi, fanno sapere che la Francia non ha nessun dubbio sul fatto che un attacco chimico sia avvenuto in Siria e che sia stato sferrato dalle forze di Assad, aggiungendo che “è inaccettabile” e “la Francia non verrà meno alle sue responsabilità per rispondere”.

“Ho deciso – ha detto il presidente francese François Hollande – di accrescere il sostegno militare alla coalizione di opposizione siriana: il massacro di civili con gas non può restare senza risposta”. Pare delinearsi, inoltre, la posizione della Casa Bianca: in una intervista alla Bbc, il segretario alla difesa statunitense, Chuck Hagel, dichiara che le forze armate americane sono “pronte ad andare” se il presidente Barack Obama ordinasse un’azione in Siria. Ma, al momento, Obama non ha ancora preso una decisione su una azione militare contro il regime siriano. Intanto, rivela martedì la Cbs, gli Usa si preparano a pubblicare un rapporto con le prove che giustificherebbero un attacco militare contro la Siria.

E se fosse confermato quanto diffuso dall’emittente statunitense Nbc, attribuito a fonti dell’amministrazione Usa, l’intervento in Siria sarebbe imminente: si stanno preparando “tre giorni di raid, a partire da giovedì”, dice la Nbc, una serie di attacchi mirati a mandare un messaggio al regime di Damasco. L’agenzia Reuters fa inoltre sapere che l’opposizione siriana ha consegnato alle potenze occidentali una lista di possibili obiettivi per l’attacco. Ma a chiedere una presa di posizione del Consiglio di sicurezza dell’Onu c’è la diplomazia italiana.

“L’Italia non prenderà parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu” ha detto il ministro degli Esteri Emma Bonino alle Commissioni Esteri congiunte. “Si rafforza l’ipotesi che siano state le forze armate siriane a far uso di armi chimiche, sulla base di informazioni di intelligence che sono condivise dai partner e sulla base di testimonianze di operatori sanitari” ha spiegato la Bonino. Che però ha precisato: “Non c’è soluzione militare al conflitto siriano” e bisogna andare nella direzione di una “soluzione politica”.

La Bonino ha aggiunto che sulla situazione del giornalista Domenico Quirico e padre Paolo Dall’Oglio (entrambi rapiti in Siria) “non ho novità sostanziali, non ne ho neanche di cattive”. Il capo della diplomazia italiana ha precisato che “i contatti continuano, alcuni più consistenti, altri più fragili”, aggiungendo che “in questa situazione alcuni canali sono più aperti e altri meno”.

Ma nonostante le perplessità italiane un intervento militare sembra sempre più vicino: “La comunità internazionale deve rispondere al presunto attacco chimico in Siria” fa sapere per bocca di un portavoce il premier britannico David Cameron. Intanto il premier britannico ha richiamato dalle ferie il parlamento inglese per discutere giovedì della Siria.

E tra i favorevoli ad un intervento militare (Usa, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita) si aggiunge anche la Turchia che per bocca del ministro degli Esteri, Ahmet Davutoglu, ha definito un “crimine contro l’umanità” a cui va data “risposta” il presunto attacco lealista con armi chimiche del 21 agosto alla periferia est di Damasco, e ha ammonito che per la comunità internazionale si tratta di un “test” vero e proprio. “Questo è un crimine contro l’umanità, e un crimine contro l’umanità non deve rimanere senza risposta”, ha insistito Davutoglu. “Ciò che occorre sia fatto, va fatto”, ha avvertito.

Lunedì lo stesso ministro aveva affermato che la Turchia sarebbe pronta a unirsi a qualunque coalizione si formasse per intervenire militarmente in Siria contro il regime di Bashar al-Assad, anche qualora non fosse possibile raggiungere un ampio consenso al riguardo in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e dunque persino in assenza di uno specifico mandato Onu.

E anche la Lega Araba ha diffuso una nota dichiarando che il regime di Bashar al Assad “ha la piena responsabilità” per l’uso di armi chimiche in Siria, e il Consiglio di sicurezza Onu deve “superare le divergenze e adottare misure dissuasive”.

Sullo scacchiere internazionale arriva anche il monito del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Israele, dice Netanyahu, “non è parte nel conflitto siriano ma reagirà a qualsiasi aggressione”. Intanto il quotidiano ateniese “Kathimerini” riferisce che Washington ha chiesto ad Atene, alleata della Nato, di concedere alle unità della marina Usa e agli aerei dell’Air Force di transitare sul territorio ellenico e l’utilizzo della base militare Usa di Souda Bay, sulla costa nord-occidentale dell’isola di Creta, e di quella dell’aviazione greca a Kalamata, nel Peloponneso. Alti gradi delle forze armate elleniche, come riferisce il giornale, hanno comunque escluso un coinvolgimento militare attivo della Grecia in un eventuale attacco Usa-Gb contro la Siria.

Il segretario generale dell’Onu Ban ki moon ha invece lanciato un appello alle parti in conflitto in Siria affinchè offrano “accesso sicuro alla squadra di ispettori” a Damasco. Lo riferisce una nota delle Nazioni Unite. Inoltre dalle Nazioni Unite fanno sapere che la decisione di rimandare di un giorno una nuova azione degli ispettori Onu è stata presa martedì allo scopo di migliorare la preparazione e la sicurezza degli esperti, dopo che lunedì cecchini hanno aperto il fuoco sul convoglio delle Nazioni Unite.

Moon ha infatti esortato tutte le parti in conflitto in Siria a garantire “un accesso sicuro” agli ispettori delle Nazioni Unite che indagano sull’attacco chimico del 21 agosto. E la situazione in Siria, in Egitto e, più in generale, in tutto il Medio Oriente sarà mercoledì al centro della riunione settimanale della Nato. Gli ambasciatori dei 28 Paesi membri, a quanto si è appreso, faranno il punto della situazione alla luce degli ultimi sviluppi. Particolare attenzione sarà dedicata agli ultimi eventi in Siria, paese confinante con la Turchia che, in quanto membro Nato, ha ricevuto nei mesi scorsi alcune batterie di missili Patriot per difendersi da eventuali attacchi aerei.

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