Falso in bilancio, arrestata l’intera famiglia Ligresti

di Redazione

Salvatore LigrestiTORINO. L’intera famiglia Ligresti, una delle più potenti in Italia nel campo immobiliare, è finita agli arresti nella mattinata di mercoledì.

L’accusa è di false comunicazioni sociali. Ai domiciliari Salvatore Ligresti, in carcere le due figlie Giulia, Jonella, mentre l’altro figlio Paolo, anch’esso destinatario di misura cautelare, al momento è irreperibile, dovrebbe trovarsi in Svizzera. Le ordinanze, per Ligresti e le due figlie, sono state notificate a Milano.

L’operazione, condotta dalla Guardia di Finanza di Torino, si inquadra nell’inchiesta Fonsai, che già vedeva indagati Ligresti e i figli. Secondo gli inquirenti, Fonsai avrebbe “truccato” la voce destinata alla cosiddetta “riserva sinistri” alterando, tra il 2008 e il 2010, il bilancio della società, per poi comunicare ai mercati notizie false sul bilancio dell’azienda quotata in borsa, e alterando il prezzo delle sue azioni.

Arrestati, insieme ai Ligresti, anche gli ex amministratori delegati di Fonsai, Fausto Marchionni ed Emanuele Erbetta e l’ex vicepresidente Antonio Talarico. La Procura ha deciso di procedere con le ordinanze di custodia cautelare per le concrete possibilità di fuga, oltre al rischio di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio.

Ammonta a 253 milioni di euro la somma di denaro che la holding della famiglia Ligresti e Premafin avrebbe incassato come utili al posto di registrare perdite. I finanzieri hanno verificato, durante l’inchiesta partita nell’agosto del 2012, come fosse avvenuta una “sistematica sottovalutazione delle riserve tecniche del gruppo assicurativo della riserva sinistri”, che ha consentito nell’arco degli anni l’afflusso di milioni di euro nelle casse della famiglia.

La famiglia Ligresti, secondo la tesi dell’accusa, contando anche sulla “compiacenza del top management si è assicurata oltre al costante flusso di dividendi anche il via libera a numerose operazioni immobiliari con parti correlate”.

Il procuratore aggiunto Vittorio Nessi, che ha coordinato le indagini, ha definito la vicenda “uno spaccato inquietante”. “Una società assicurativa molto importante – ha spiegato il magistrato – era piegata agli interessi di una parte dell’azionariato, quello che contava. I Ligresti attraverso Premafin detenevano oltre il 30 per cento della società”.

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