Corruzione su ricorsi al Tar: 7 arresti a Roma. C’e’ anche un giudice

di Redazione

 ROMA. Sette arresti per corruzione in atti giudiziari quelli eseguiti, lunedì mattina, dai carabinieri del Noe. In manette giudice del Tar del Lazio, Franco Angelo Maria De Bernardi, l’ex presidente della Banca Popolare di Spoleto, Giovannino Antonini, l’avvocato Matilde De Paola e l’uomo d’affari Giorgio Cerruti.

Il gip della procura di Roma, su richiesta del pm Stefano Pesci, ha firmato tre ordinanze di custodia cautelare in carcere, e quattro ai domiciliari. Indagati anche due alti ufficiali della Marina Militare, gli ammiragli Marcantonio Trevisani e Luciano Callini, insieme a Claudio Salini, a cui fa capo Ics Grandi Lavori (società che non fa parte del Gruppo Salini Impregilo).

50MILA EURO PER IL RICORSO CONTRO BANKITALIA. De Bernardi, secondo l’accusa, avrebbe accettato la promessa di pagamento di 50mila euro in cambio di un suo intervento nel ricorso presentato dall’ex direttore della Banca Popolare di Spoleto, Giovannino Antonini, nei confronti della Banca d’Italia con riferimento alla vicenda legata al commissariamento della Spoleto Crediti e Servizi Società Cooperativa, fondazione che controlla l’istituto bancario. I soldi promessi rappresenterebbero “il patto corruttivo” tra il giudice del Tar e Giorgio Cerruti, emissario del ricorrente e figura chiave di questo episodio illecito. In base a quanto scrive nell’ordinanza il gip, De Bernardi avrebbe accettato la promessa di pagamento, assicurando “una illecita interferenza volta ad alterare le corrette procedure di assegnazione e decisione del ricorso di Antonini”, finalizzato a ottenere l’annullamento del provvedimento del decreto del Ministero che nel febbraio del 2013 ha posto “la Spoleto Crediti e Servizi Soc. Coop a procedura di amministrazione straordinaria”.

Descrivendo l’episodio il gip fa riferimento ad un pranzo a cui Cerruti (in passato coinvolto in vicende di bancarotta) invita il giudice De Bernardi, assieme ad un monsignore, di cui non è chiaro il ruolo svolto in questa vicenda. “Il giudice – si legge nell’ordinanza – si mostrava molto disponibile ad adoperarsi per l’amico di Cerruti, esprimendosi testualmente nei seguenti termini: e glielo facciamo fare… lo serviamo come merita… è amico tuo (parlando di Antonini ndr)”. L’interessamento di De Bernardi è tale che la sua richiesta di essere assegnato all’udienza della terza Sezione (che non è la sua di appartenenza) viene accolta. In base a quanto si apprende la causa verrà discussa direttamente nel merito il 2 ottobre e, per gli investigatori, è una circostanza che va letta in favore di Antonini, pur non avendo ottenuto la sospensione del provvedimento del decreto ministeriale.

I DUE AMMIRAGLI. Per quanto riguarda i due ammiragli, secondo l’accusa, il giudice De Bernardi e l’avvocato De Paola si sarebbero occupati di due ricorsi presentati al Tar dagli ufficiali. Al giudice sarebbe stata data una somma di denaro tramite la sua compagna, che aveva rilasciato fattura. E’ emerso che De Bernardi si sarebbe occupato dei ricorsi nella fase di studio e predisposizione del ricorso, senza intervenire nella fase decisionale. Gli inquirenti fanno poi riferimento ad un’altra intercettazione telefonica riguardante l’avvocato De Paola che, “oltre ad illustrare la natura dei suoi rapporti con De Bernardi” indicherebbe “i diversi compensi richiesti per i procedimenti trattati indicando anche le modalità di versamento degli stessi”. In merito alla posizione dei due ammiragli, in base a quanto si apprende da fonti della Procura di Roma, i pm non hanno sollecitato nei loro confronti misure custodiali in quanto non è chiaro se la scelta di rivolgersi all’avvocato De Paola fosse condizionata all’ esito vincente del ricorso o frutto di una scelta del tutto casuale.

L’APPALTO PONTE DELLA SCAFA. Per Salini, in base a quanto emerge dall’ordinanza, il giudice De Bernardi e l’avvocato De Paola, a partire dallo scorso marzo, “accettavano, per il tramite di Francesco Clemente (finito agli arresti domiciliari, ndr) da Ics Grandi Lavori spa la promessa del pagamento di imprecisate somme di denaro in cambio della sua attività di indebito interessamento ed illecita interferenza volti ad alterare le corrette procedure di assegnazione e decisione del ricorso proposto da Ics per l’annullamento del provvedimento di assegnazione dell’appalto per la costruzione del Ponte della Scafa”. Per il giudice delle indagini preliminare questa “condotta illecita concretamente posta in essere da De Bernardi mediante la predisposizione di memorie difensive ed altre condotte orientate a conseguire un esito favorevole al ricorrente, come in effetti avvenuto, con corresponsione a De Bernardi di una prima parte (5mila euro) del compenso concordato”.

IL GIP: “SPREGIUDICATI”. “Vicende assai gravi, in cui le condotte finalizzate ad alterare il corretto svolgimento di procedimenti giurisdizionali appaiono essere state poste in essere con estrema spregiudicatezza da tutti i soggetti coinvolti, così da renderli assolutamente indifferenti – a fronte del proprio personale interesse, per i privati consistente nel raggiungimento di un esito quanto più possibile favorevole del procedimento giurisdizionale che li vedeva coinvolti e per il De Bernardi e la De Paola nell’ottenimento del compenso pattuito – riguardo il serio pregiudizio arrecato alla collettività dal meccanismo distorsivo da loro realizzato”.

Lo scrive il gip Maria Paola Tomaselli nel provvedimento sui ricorsi al Tar pilotati. Il giudice Bernardi e l’avvocato De Paola, secondo il gip Tomaselli, “hanno dimostrato con le loro condotte una chiara noncuranza per le regole e un assoluto dispregio per la funzione giurisdizionale. Ciò vale soprattutto per De Bernardi che, nella sua qualità di pubblico ufficiale, non esita a venir meno ai basilari principi di imparzialità e terzietà, utilizzando la possibilità di interferire che gli deriva dalla sua appartenenza all’ufficio e strumentalizzando la funzione giurisdizionale per piegare e ‘vendere’ la stessa al perseguimento di interessi privatissimi”.

Dalle conversazioni (ambientali e telefoniche) intercettate tra i due “emerge come si sia creato un collaudato sistema di sviamento e vera e propria mercificazione della funzione giurisdizionale. D’altro canto la pervicacia dell’azione degli indagati si manifesta non solo attraverso la sistematicità e la ripetitività delle loro condotte, poste in essere attraverso schemi e modalità comprovate, ma anche alla luce della circostanza che né De Paola né De Bernardi appaiono desistere dalle stesse neppure a seguito dell’esecuzione dell’ordinanza della misura cautelare della custodia emessa nei confronti del magistrato nell’ambito di altro diverso procedimento (misura poi annullata dal tribunale del riesame di Palermo tanto che poi De Bernardi era stato riammesso in servizio al Tar, ndr)”.

“E’ singolare – ragiona il gip Tomaselli – come l’indagata, solo inizialmente intimorita e preoccupata da un eventuale coinvolgimento nella vicenda giudiziaria di De Bernardi, non si determini a interrompere, neppure temporaneamente la propria illecita attività corruttiva ma, al contrario, al fine di poterla proseguire, in vista dei facili e consistenti guadagni che questa le procura, riflette sulla possibilità di sostituire l’antico compartecipe con un altro magistrato, con ciò manifestando una pericolosa propensione al delitto. Propensione del tutto autonoma, rispetto al connubio con De Bernardi, e iniziata in epoca precedente al suo rapporto con il giudice”.

De Bernardi,continua il gip,“con inaudito cinismo si determina a dismettere nel concreto la propria delicata funzione ponendosi al servizio degli occasionali clienti, senza alcuna remora o scrupolo riguardo la violazione dei più elementari, quanto fondamentali, doveri del suo ufficio. L’indagato mostra una tale spregiudicatezza che neppure il periodo di custodia patito è risultato atto a costituire un deterrente al prosieguo della sua illecita attività”. Anche il giudice aveva iniziato questa sua attività “di interferenza illecita” prima dell’inizio del sodalizio con la De Paola: “Ciò si evince dalla circostanza che uno degli episodi vede la collaborazione del giudice con altro diverso professionista” con le medesime modalità.

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