Crac da 900 milioni: il Papa azzera i vertici della chiesa slovena

di Gianfranco Fabozzo

Papa Francesco LUBIANA. Papa Francesco ha fatto dimettere gli arcivescovi di Lubiana, monsignor Anton Strs, e di Maribor, monsignor Marjan Turnsek.

Formalmente i presuli hanno presentato le dimissioni per “gravi ragioni”, cioè in base al comma due del canone 401 del Codex. I due presuli sono coinvolti in un crac da 900 milioni di euro.

Intanto, per portare avanti l’operazione di trasparenza, lo Ior, istituto per le Opere di religione, ha inaugurato oggi un suo sito internet (www.ior.va). “Nel maggio scorso abbiamo detto che nei mesi successivi ci saremmo concentrati soprattutto a concludere con successo il processo Moneyval, e quindi l’adempimento di tutte quelle regole che riguardano il riciclaggio di denaro, e che avremmo creato trasparenza”, ha detto il presidente Erns Von Freyberg. “Il sito web ha lo scopo di informare i nostri collaboratori, i nostri clienti, la chiesa e l’opinione pubblica che sia interessata, sul nostro istituto, sui nostri obiettivi, sulla nostra riforma e su quello che facciamo nel mondo e su come sosteniamo la chiesa nella sua missione e nelle sue opere caritative”.

Nella Repubblica ex jugoslava, la Chiesa Cattolica, attraverso le proprie holding, aveva partecipazioni azionarie in circa 50 aziende, ma un paio d’anni fa la piramide finanziaria ecclesiastica è crollata sotto i colpi del fallimento delle tre principali holding: Zovn ena, Zvon dva e Gospodarstva Rast. L

a vicenda interessa direttamente la diocesi di Maribor (per la quale Bendetto XVI aveva disposto l’anno scorso una ispezione canonica) ma è stato fatto dimettere anche l’arcivescovo di Lubiana, Anton Stres, in quanto era stato presidente del Consiglio economico dell’arcidiocesi di Maribor, tra il 2000 e il 2006, quando era vescovo ausiliare dell’arcidiocesi sede di un importante santuario mariano. Sarebbe stato lui a prendere tutte le decisioni che hanno condotto allo sfascio.

A seguito della gestione dissennata delle holding, diverse banche sono finite sull’orlo del fallimento, seguite anche da numerose aziende slovene come la Steklarna Rogaka (17 milioni di crediti), la Helios (5,3 milioni di crediti), la Mladinska knjiga (4,6 milioni di crediti) e Iskra Avtoelektrika (1 milione di crediti). In difficoltà era finito anche il Gruppo Helios Domzale e Belinka di cui la Chiesa deteneva il 40 per cento del pacchetto azionario del valore di circa 45 milioni di euro.

Il gruppo dà lavoro a quasi 2.600 dipendenti che ora si ritrovano sul giro d’aria. Assieme ai “colleghi” (350) della Cetis, ai 1.400 della Mladinske knjige, ai 160 di Terme Dobrna, ai 104 di Gea, ai 2.500 di Iskra Avtoelektrika. In totale, secondo un calcolo del quotidiano “Il Piccolo” di Trieste, ben diecimila posti di lavoro a rischio. E per i piccoli azionisti della Nlb il principale artefice dei “prestiti facili” alla Chiesa sarebbe l’ex membro del cda della banca, Slavko Jamnik, guarda caso fratello del vescovo ausiliare di Lubiana Anton Jamnik.

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