Indesit: “Io, moglie e figlia di lavoratori, privati della storia”

di Redazione

 TEVEROLA. Riceviamo e pubblichiamo la lettera accorata di una figlia e moglie di lavoratori Indesit che testimonia, oltre al danno economico, soprattutto un dramma di “appartenenza” alle fabbriche storiche del territorio.

“Oramai non fa quasi più notizia: grandi nomi, grandi aziende chiudono,fanno due conti e spostano la loro realtà altrove, in un posto più conveniente…Scene viste e riviste in tv, tante persone,bandiere, urla, disperazione…

Sono scene a cui tristemente ci stiamo abituando. Sono scene che fanno male soprattutto quando pensi che dietro ad ognuna di quelle bandiere, dentro ad ognuna di quelle urla ci sono una famiglia, dei figli, una coppia che ha investito nel sogno di vivere insieme, di costruire una vita.

Da ieri, dietro quelle bandiere ci sono anche io, con la mia vita di madre, donna, laureata ma cassintegrata…Solo fino ad un mese fa l’Indesit garantiva che è un’azienda Italiana, e in Italia rimarrà. E’ passato solo un mese e quelle che sembravano certezze spariscono..

Appaiono così i numeri freddi e taglienti come un verdetto, un’impietosa sentenza: c’è un esubero di 1.400 persone tra dirigenti , impiegati delle sedi centrali e operai e impiegati di fabbrica (1.250) per non parlare dell’indotto.

Sono stati chiesti negli anni sacrifici enormi ai lavoratori che sempre hanno reagito rimboccandosi le maniche e affrontando le nuove sfide, le svariate richieste che l’azienda imponeva, i cambiamenti : cambio di orari, cassa integrazione,privazioni..

Ma anche produzione, produttività, qualità, numeri di pezzi…quante volte ho sentito mio marito parlare di questo, quante volte l’ho affiancato e sostenuto quando stressato e stanco mi parlava della sua realtà lavorativa.

L’indesit per noi del sud che tendiamo a personalizzare sempre tutto era una certezza, una casa, un vero cuore produttivo. E quando vengono a mancare le certezze ci si svuota…ti senti solo…sei solo.

Anche l’INDESIT, la nostra, la loro INDESIT ha fatto due conti e ha deciso che in Italia non conviene più, gira i tacchi e pensa di andare via…1400 persone, il loro futuro interessa poco, forse nulla.

Illude quelli che rimangono privandoli della loro attività.

in Indesit , a Caserta, si è sempre fatto lavatrici e frigoriferi io sono cresciuta con mio padre e mio marito che guardavano le “loro” lavatrici nei centri commerciali ammirandole come figlie, come frutto di qualcosa realizzato con amore e devozione.

Piani cottura, forse,faranno fare a quei pochi che resteranno, insomma un ripiego. Affidano al Sud un’attività tappabuchi che servirà a placare l’animo a quei pochi che restano per, forse, qualche mese.

Io però non ci sto. Io non posso essere d’accordo. Io non posso pensare che politici, media, tv, imprenditori possano permettere che la gente venga privata di qualcosa che sente come anche suo, che anni di storia, di vita e sacrifici vengano stropicciati e buttati via…

Con la vita e con l’anima della gente…non si gioca”.

Valentina Arces, figlia e moglie di lavoratori Indesit.

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