Ruby, Lele Mora: “Ad Arcore nulla di male”. Il legale: “Assolvetelo”

di Redazione

 MILANO. “Ad Arcore non c’è stato niente di male, quando in aula ho parlato di ‘degrado’ ho detto quello che ha riportato un giornale”.

CosìLele Mora, parlando con i cronisti in una pausa dell’udienza del processo “Ruby 2”, in cui è imputato per induzione e favoreggiamento alla prostituzione, ha fatto una sorta di “retromarcia” rispetto alle sue dichiarazioni spontanee davanti ai giudici. “La prostituzione ad Arcore non c’è mai stata”, ha spiegato ai giornalisti l’ex agente dei vip.

Davanti ai giudici, come si legge in una bozza della sua memoria, Mora ha usato queste parole: “Ho letto ieri su un quotidiano nazionale di grande diffusione come vi siano tre parole per definire quanto è successo e quanto è oggi al vostro giudizio. ‘Dismisura, abuso di potere, degrado’ (una citazione del giornalista di Repubblica Giuseppe D’Avanzo, scomparso nel 2011, ndr.). E’ vero, così è stato ed io almeno all’eccesso e al degrado, come ebbi a dire nelle dichiarazioni che feci quando sono stato scarcerato ed ho prima letto, non ne sono stato un passivo concorrente”. In aula probabilmente Mora aveva saltato il “non” e aveva detto “sono stato un passivo concorrente”. Riguardo a Silvio Berlusconi, condannato in primo grado nel processo parallelo, Mora ha detto che è un suo “amico, non è un assassino, non è uno che fa prostituire la gente e nemmeno io”.

Un Mora che, almeno come è sembra in aula, ha ritrovato una sorta di spiritualità, che non ha esitato a “raccontarsi” con frasi che sembrano citare quasi testualmente le espressioni della Divina Commedia dantesca: “Dritta via”, “bufera infernale”, “uscire a rivedere le stelle”. Parlando delle giovani ospiti del Cavaliere, ha ammesso di averle portato ad Arcore, ma ha sottolineato che “l’ignoranza della legge penale non perdona” ma che “forse qui sbagliando” non ha mai “inquadrato la loro condotta come prostituzione”.

Alle sue dichiarazioni si è aggiunta l’arringa del suo avvocato Gianluca Maris, che ha chiesto l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” e “per l’assenza dell’elemento psicologico della consapevolezza”. Le condotte del suo assistito, anche minorile, “derivano da lavoro di agente dei vip che faceva e dalle aspettative delle sue clienti, che lui deve far diventare famose”.

L’avvocato è entrato più nel dettaglio: “In un contesto di venalità, arrivismo e ambizione, che sono evidenti a tutti, non è – ha precisato – altrettanto evidente per il mio assistito quello che potrebbe succedere o quello che le sue clienti potrebbero fare per ottenere dei benefici”. Secondo la tesi portata avanti dai legali, dunque, Mora non era necessariamente consapevole di quello che sarebbe potuto accadere alle feste di Arcore, di cui lui, tra l’altro, era “sporadico frequentatore”.

Le maggior parte delle ragazze che hanno partecipato alle feste di Arcore, ha detto il legale dell’ex talent scout,“conoscono prima Berlusconi e Fede di Mora. Alcune addirittura il mio assistito neanche lo conoscono. E’ Berlusconi che le raccomanda a Mora, che dice ‘falle lavorare’, ‘dà loro delle opportunità’ per avere qualche chance nello spettacolo”, ha aggiunto l’avvocato, per poi sottolineare: “C’è un primo gruppo di ragazze verso cui Mora non ha alcun ruolo rilevante. Loro non vengono condotte da lui ad Arcore né favorite nella loro attività. Diverso è invece il discorso per il secondo gruppo di ragazze, che corrisponde alle parti offese, Chiara Danese, Ambra Battilana e Imane Fadil”. Secondo l’avvocato, a Mora vengono contestate “condotte induttive che non ci sono mai state. E non vi è mai stata iniziativa autonoma da parte diLele Mora”. Anche per le stesse Ambra e Chiara, è Emilio Fede “che chiede a Mora di intervenire, quasi di concorrere”.

Di conseguenza, è stata la sintesi dell’avvocato, “le sue condotte non hanno nulla di penalmente rilevante” e “non hanno niente a che vedere con gli atti sessuali eventualmente compiuti” ad Arcore.

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