Ruby, Ghedini attacca i giudici: “Prevenuti e vicini ai pm”

di Redazione

 MILANO. E’ ripreso lunedì, a Milano, con l’arringa della difesa, il processo Ruby a carico di Silvio Berlusconi, imputato per concussione e prostituzione minorile.

Il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, lo scorso 13 maggio, ha chiesto per l’ex premier una condanna a sei anni di carcere e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Da parte sua, il legale difensore, Niccolò Ghedini, ha accusato il tribunale di essere prevenuto nei confronti dell’imputato e di avere una “vicinanza culturale” ai pm dell’accusa. Rivolgendosi ai giudici, l’avvocato ha affermato: “Ho l’impressione di ingenerare fastidio come difensore. Analogo fastidio non sembra ingenerare la procura della Repubblica”.

Prima di cominciare l’arringa, la difesa ha chiesto ai giudici di acquisire le trascrizioni della deposizione di Ruby resa in aula al processo “gemello” a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Secondo il legale di Berlusconi “ci sono state ragioni di spettacolarizzazione più che di merito nella requisitoria del procuratore aggiunto Boccassini, perché si è basata più su suggestioni che su dati processuali ed è stata segnata da un pregiudizio nei confronti dell’imputato e si è chiusa con una richiesta di condanna stratosferica”.

Berlusconi, dunque, “va assolto perché il fatto non sussiste” anche perché, ha sottolineato Ghedini, “non sempre le azioni compiute da un pubblico ufficiale devono essere considerate un reato contro la pubblica amministrazione. Possono essere azioni umane”. E “umana”, a parere della difesa, sarebbe stata l’azione che portò l’allora premier Berlusconi a telefonare in Questura per chiedere il rilascio di Ruby. “Berlusconi era convinto che Ruby fosse egiziana e vicina all’ex presidente Mubarak”, ha detto Ghedini, altrimenti se avesse saputo che la ragazza era figlia di un ambulante, marocchina e siciliana, non ne avrebbe sicuramente parlato al pranzo di Stato tenuto a Roma nel maggio del 2010 con l’ex Rais.

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