Ruby, Berlusconi condannato a 7 anni e interdizione perpetua

di Antonio Taglialatela

 MILANO. Silvio Berlusconi
è stato condannato a 7 anni e interdizione perpetua dai pubblici uffici. Un
anno in più, dunque, secondo quanto aveva chiesto l’accusa, imputato per
concussione e prostituzione minorile nel processo Ruby. Ovviamente si tratta del primo grado di giudizio. Ora ci si
avvia all’appello.

Condannato, dunque, per entrambi i reati. Secondo l’accusa, l’ex premier avrebbe avuto rapporti sessuali a pagamento con la marocchina Ruby durante i presunti festini hard nella villa di Arcore, pur essendo consapevole che all’epoca la ragazza fosse minorenne. E successivamente, per nascondere i fatti, avrebbe fatto pressione sui funzionari della questura di Milano, tramite la famosa telefonata che fece nella notte tra il 27 e il 28 maggio del 2010, asserendo che Ruby fosse la “nipote di Mubarak”.

Ad Arcore, sostengono i magistrati milanesi, ci sarebbe stato un “sistema prostituivo” gestito da Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, a loro volta imputati in un processo satellite, allo scopo di soddisfare i “piaceri sessuali” del Cavaliere.

La tesi della difesa, invece, parla di “cene eleganti e normali”, lontane dagli scenari disegnati dagli inquirenti. Lo stesso Berlusconi ha più volte confermato di non aver mai avuto rapporti intimi con Ruby, che anche la ragazza ha sempre negato, e spiegato in più occasioni di non essere mai stato a conoscenza della vera età della marocchina e di averla scoperta solo dopo l’episodio del suo fermo in questura, quando fu accusata da una sua amica di averle rubato dei soldi nell’appartamento che condividevano.

Quella telefonata ai funzionari della Questura, ha spiegato Berlusconi, fu fatta “solo per evitare un incidente diplomatico”, nella convinzione che la ragazza fosse la nipote dell’ex presidente egiziano, e non per “coprire”, come accusano i pm, i festini a luci rosse. Una tesi, quest’ultima, che l’accusa ha rafforzato portando in aula intercettazioni, tabulati telefonici, prove documentali come quelle che attestano i bonifici arrivati alle ragazze dal conto di Berlusconi e, in più, le testimonianze chiave delle cosiddette “pentite del bunga-bunga” e del pm minorile Anna Maria Fiorillo che la sera del fermo di Ruby ordinò, invano, il suo trasferimento in una casa di accoglienza.

Da parte sua, la difesa del leader del Pdl ha valorizzato, oltre a quella di Ruby, le deposizioni del capo di Gabinetto della questura Piero Ostuni e dell’allora commissario Giorgia Iafrate, ma anche le dichiarazioni di molte “fedelissime”, e di alcuni personaggi del suo partito, come le ex ministre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini.

Berlusconi attenderà la sentenza nella sua villa di Arcore. Martedì rientrerà a Roma, dove lo attendono due appuntamenti di partito: nel pomeriggio sono convocati i gruppi parlamentari, mercoledì mattina la direzione nazionale del Pdl a via dell’Umiltà.

L’umore del Cavaliere non è dei migliori, anzi si dimostra pessimista: “Tanto già so come finisce, finisce male. Io non ho fatto nulla, niente di male, questo processo non sta né in cielo né in terra, ma siccome vogliono farmi fuori dalla scena politica, approfitteranno anche di questa occasione”, avrebbe confidato a qualche membro del suo entourage.

Il clima è pesante e un’eventuale sentenza negativa potrebbe compromettere la tenuta del governo trasversale guidato da Letta, anche se sia Berlusconi che l’intero Pdl negano ogni relazione tra le vicende giudiziarie dell’ex premier e le sorti dell’esecutivo.

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