Giochi e scommesse: 57 arresti contro il clan dei casalesi

di Redazione

 57 arresti contro il clan dei casalesi quelli compiuti dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Caserta, in un’operazione congiunta con Guardia di finanza e polizia, coordinati dalla procura di Napoli.

Nel mirino attività economiche del settore del gioco e delle scommesse gestite dalla camorra. Le catture sono avvenute nelle province di Napoli e Caserta, Frosinone, Modena, Reggio Emilia e Catania. Eseguiti sequestri di beni mobili e immobili per 400milioni di euro. Tra gli arrestati anche esponenti della cosca siciliana dei Santapaola di Catania e di clan del napoletano.

“RISCHIATUTTO”. L’operazione “Rischiatutto” ha preso avvio a seguito di atti violenti e vicende societarie che hanno interessato una sala bingo ubicata in Ciociaria ed hanno preso in esame assetti proprietari e collegamenti con la criminalità organizzata arrivando a disvelare una fitta rete di affiliati e prestanomi della camorra in grado di acquisire il controllo di rilevanti attività economiche.

SIGILLI AD AVERSA E TEVEROLA. Scoperto un vasto giro di riciclaggio in sale bingo situate a Nord e a Sud della penisola, e attraverso slot machine e gioco online. Sigilli alla mega struttura Bingo di Teverola, nel Casertano e al Casinò Normanno di Aversa.

LE ACCUSE. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di partecipazione e concorso esterno in associazione a delinquere di stampo camorristico, associazione per delinquere finalizzata all’esercizio abusivo dell’attività di gioco e scommesse, illecita concorrenza con violenza e minacce, truffa aggravata ai danni dello Stato, frode informatica, riciclaggio e reimpiego, intestazione fittizia di beni, estorsione e altri delitti aggravati dalle finalità mafiose.

INDAGINE PARTITA DA PROCESSO FERRARO. L’indagine è nata cinque anni fa dall’inchiesta “Normandia” del pm Antonello Ardituro che portò in carcere oltre 40 persone e da cui si staccarono le posizioni di due prefetti di Caserta, Maria Elena Stasi e Paolino Maddaloni, imputati in un procedimento che siè chiuso presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Stasi e Maddaloni sono stati poi condannati l’inverno scorso, per aver favorito alcune ditte vicine al clan dei casalesi, come la Orion, per l’installazione di alcune centraline per verificare la qualità dell’aria di Caserta. Dall’inchiesta principale sono nati poi altri due processi: il primo concluso un anno fa con la condanna di Nicola Ferraro, ex consigliere regionale Udeur, a nove anni e quattro mesi, accusato di essersi accordato col clan nella doppia veste di imprenditore nel settore dei rifiuti e di politico per ottenere vantaggi per le sue aziende e voti. In cambio, con il fratello, Luigi, avrebbe favorito i casalesi e le aziende da loro controllate.

LA FAMIGLIA SCHIAVONE. Denominatore comune dei diversi filoni di indagine è rappresentato dalla operatività del clan camorristico deicasalesi, con particolare riferimento alla frangia storicamente riferibile alla famiglia Schiavone. Tra i destinatari delle ordinanze, infatti, anche Nicola Schiavone, figlio del boss Francesco detto “Sandokan”.

LA SALA BINGO DI FERENTINO. Le indagini, in provincia di Frosinone, hanno preso avvio a seguito di fatti cruenti ed attentati alla sala bingo di Ferentino avvenuti nel 2008 ed hanno investito le vicende societarie che hanno portato soggetti contigui alla criminalità organizzata ad acquisire l’attività economica, a seguito di difficoltà finanziarie della precedente compagine societaria. Tre i personaggi chiave: l’amministratore e socio di maggioranza della società che gestiva la sala bingo di Ferentino, particolarmente esperto del settore ed in possesso di informazioni privilegiate, grazie alla carica, ricoperta all’epoca, di presidente della Ascob (Associazione Concessionari del Bingo); un esponente della cosca mafiosa facente capo alla famiglia Santapaola di Catania, socio della stessa società, che ne aveva intestato le quote alla moglie ed un affiliato al clan camorristico dei casalesi, che aveva versato parte dei capitali per conto di tutti i soci e fungeva da consigliere della società, già coinvolto in altre indagini della Dda di Napoli, aventi ad oggetto le connessioni tra il clan dei Casalesi e le attività economiche nel settore dei giochi e delle scommesse.

GLI AFFARI CON LA COSCA SANTAPAOLA. Si è potuto così ricostruire, scrive la Guardia di Finanza in una nota, “una vastissima, rilevante e spregiudicata attività di acquisizioni societarie in varie città italiane da parte di soggetti che, a vario titolo, rappresentavano una convergenza di interessi tra diverse consorterie criminali di stampo mafioso”. Il clan dei Casalesi e la cosca riferibile alla famiglia Santapaola di Catania hanno reimpiegato, tramite persone di loro fiducia, parte consistente dei loro profitti illeciti per la gestione delle scommesse e l’installazione, presso locali pubblici, di slot machine. E’ stato così possibile individuare vari livelli di illegalità, con al vertice le consorterie criminali di stampo mafioso che dettano le regole di mercato e di successiva gestione delle attività e, un gradino sotto, faccendieri scaltri e spregiudicati, che fanno da raccordo con il crimine organizzato, consentendo una costante e progressiva infiltrazione anche su territori apparentemente non contaminati dall’opera della criminalità organizzata. Gli indagati operavano, per conto della criminalità organizzata, approfittando delle difficoltà altrui ed entrando, dapprima in modo amicale e discreto e, successivamente, estromettendo senza scrupoli l’imprenditore in difficoltà: un meccanismo asfissiante e senza uscite, che strangola l’imprenditoria sana, premia il vizio e punisce la virtù.

I NUMERI DELL’OPERAZIONE. Sono state arrestate 5 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, reimpiego di denaro di provenienza illecita ed intestazione fittizia di beni. Sono state denunciate 21 persone e 89 soggetti (tra persone e società) sono stati sottoposti ad accertamenti patrimoniali. Nei loro confronti e dei rispettivi nuclei familiari o prestanome sono stati sequestrati ingenti patrimoni stimati in circa 200 milioni di euro. Si tratta di: 69 terreni, 84 fabbricati, 18 aziende (operanti prevalentemente nel settore dei giochi e delle scommesse, ma anche dell’agricoltura, del commercio e dei servizi in genere); quote societarie di 41 società, per valore nominale pari a oltre 1.100.000 euro; 230 rapporti bancari; 59 autovetture (tra cui una Ferrari 550 Maranello e una Ferrari F355). Sono stati impiegati oltre 150 tra Finanzieri e Poliziotti che hanno operato, anche in collaborazione con i loro colleghi del posto, nelle Regioni Campania, Lazio, Sicilia, Toscana, Sardegna, Emilia Romagna.

GESTORE SALA BINGO CHIESE AIUTO A SETOLA. Dalle indagini è un singolare episodio: stanco delle continue minacce da parte di una famiglia Rom di Frosinone, il titolare di una sala Bingo, presente nel capoluogo ciociaro, tramite delle conoscenze, chiese protezione al sanguinario killer dei casalesi, Giuseppe Setola, arrestato nel gennaio 2009. La sala Bingo ciociara, gestita da alcuni casertani, secondo le indagini portate avanti dalla squadra mobile di Frosinone, era ritenuta scomoda dalla famiglia rom insediata da anni nel frusinate e titolare a sua volta di un’altra sala.

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