La “Signora Burberry” il top manager più pagato di Londra

di Redazione

Angela AhrendtsLONDRA.Per la prima volta èuna donna il top manager più pagato della City.

Angela Ahrendts, numero uno di Burberry, originaria dell’Indiana (Usa), ha attraversato l’oceano per scalare una delle vette ancora tra le più ripide per le donne, fino alla conquista del primo posto fra i boss del Ftse 100, il principale indice azionario di Londra. Nel 2012 ha guadagnato, fra denaro e azioni, un pacchetto da 16,9 milioni di sterline (quasi 20 milioni di euro), svettando così in testa alla classifica degli executive d’oro e anche con un notevole distacco rispetto al secondo della lista, Angus Russell di Shire con 12,16 milioni di pound (14 milioni di euro), e al terzo, Graham Mackay di SABMiller con 9,72 milioni di sterline (11,4 milioni di euro).

La 53enne, madre di tre figli, è cresciuta con cinque tra fratelli e sorelle nella profonda provincia americana. Si cuciva i vestiti da sola e guardava lontano. Approdata a Buberry nel 2006, in pochi anni ha trasformato il britannicissimo marchio, pur noto per i suoi inconfondibili trench emblema di “pacata” qualità, in un colosso mondiale della moda e del lusso con un giro d’affari da 6,3 miliardi di sterline, puntando anche su un nuovo tocco fashion, su inesauribili accessori, e questo nonostante la piaga della contraffazione. Il mondo -ancora ristretto- del business al femminile plaude al suo successo e al suo primato. Esultano al think tank “High Pay Centre” descrivendo il suo come un risultato straordinario in un ambiente in cui le donne restano sottorappresentate e sottopagate.

Ahrendts è infatti non solo la prima donna top manager più pagata, ma è anche una delle sole tre donne chief executive che compaiono nella lista del Ftse 100, insieme con Alison Cooper numero uno di Imperial Tobacco e Carolyn McCall capo di Easyjet. Eppure alle ‘quote rosa’ nei board delle grandi aziende la ‘Signora Burberry’ dice no. “Non sono a favore delle quote” per assicurare posti dirigenziali alle donne, aveva detto lo scorso anno interpellata nell’ambito del dibattito ancora tutto in corso, “quello che serve è semplicemente la persona migliore per il posto. Il genere non conta. Conta l’esperienza, la leadership e la visione Anche un uomo potrebbe fare questo lavoro”.

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