Camorra, scacco al clan Di Lauro: 110 arresti

di Redazione

 NAPOLI. Maxi operazione a Scampia, quartiere a nord di Napoli, contro il clan Di Lauro.

110 le ordinanze di custodia cautelare, emesse dal gip del capoluogo campano, su richiesta della Dda partenopea, ed eseguite dai carabinieri del Ros e del comando provinciale. I reati contestati agli indagati sono di associazione di stampo camorristico, traffico internazionale di stupefacenti, tentativo di omicidio e detenzione di armi, tutti aggravati da finalità mafiosa. Gli arresti sono stati eseguiti sia nel capoluogo campano che in altre zone d’Italia.Al centro delle indagini un traffico di cocaina proveniente dalla Spagna e destinato ad alimentare le piazze di spaccio dell’area napoletana.

Fra gli arrestati Raffaele Di Lauro, 19 anni, figlio di Paolo Di Lauro, uno dei più noti boss dell’omonimo clan, soprannominato “Ciruzzo ‘O Milionario”, in carcere dal 2005. Il giovane è stato bloccato su una nave da crociera, all’altezza della Sicilia, mentre festeggiava il compleanno della compagna con un viaggio da 10mila euro. Al 19enne viene contestata l’associazione di tipo mafioso, reato commesso quando era minorenne. Arrestato anche il latitante Marco Di Lauro, altro figlio di Paolo, considerato l’attuale capo del clan dopo l’arresto del fratello maggiore, Vincenzo, e degli altri due fratelli, Cosimo (dal 19 gennaio 2005), e Ciro (7 dicembre 2004).

LA GUERRA DI CAMORRA. La roccaforte degli affiliati al clan Di Lauro è il ‘Rione dei Fiori’, il cosiddetto ‘Terzo Mondo’ del quartiere Secondigliano di Napoli.Dalle investigazioni sono emersi alcuni frammenti della guerra dicamorratra i Di Lauro e i cosiddetti ‘Scissionisti’ (il gruppo sorto dopo la frattura interna proprio dei Di Lauro, capeggiato dagli Amato-Pagano) che avevano acquisito il controllo del quartiere ‘167’ di Secondigliano e nei comuni di Melito, Mugnano e Casavatore prima della nuova scissione lasciando ai Di Lauro la gestione delle piazze di spaccio del cosiddetto ‘Terzo Mondo’. Tra gli episodi documentati dall’ordinanza cautelare ci sono, tra l’altro, l’agguato compiuto da un commando di ‘Scissionisti’ poi transitati nel nuovo gruppo della ‘Vanella Grassi’ ai danni dei coniugi Antonio Lombardi e Antonella Brandi che furono inseguiti a colpi di mitraglietta Uzi e pistole, con l’esplosione di oltre 40 proiettili. Azione di fuoco terminata solo quando l’auto fece ingresso nel Rione dei Fiori. Documentata anche l’aggressione a un esponente di spicco dei Di Lauro al quale furono inflitte uan serie di coltellate da un gruppo di ‘Scissionisti’ che lo individuarono casualmente mentre era presso lo chalet ‘Ciro’ di Mergellina a Napoli.

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4,5 MILIONI IN UN ANNO. In poco più di un anno l’organizzazione legata al clan Di Lauro ha incassato complessivamente 4 milioni e mezzo di euro ricavati dalla vendita di 117.914 dosi di cocaina. E’ il dato che emerge dall’esame dei ‘libri contabili’ della cosca sequestrati nell’abitazione di Angelo Zimbetti, una delle persone arrestate la scorsa notte nell’ambito di una maxi operazione dei carabinieri contro il clan. E’ quanto evidenzia la Dda sottolineando che ”tali documenti disvelano, in particolare, l’enorme volume dei proventi illeciti dell’associazione camorristica, essenzialmente derivanti dal traffico di stupefacenti”.

Rilevanti, però, sono risultati anche i ‘costi di gestione’ sostenuti dall’organizzazione in questo stesso periodo, considerato che il clan ha speso oltre 4 milioni di euro suddivisi in acquisti di droga, in corresponsioni di onorari agli avvocati, in pagamenti delle ‘settimane’ agli affiliati liberi od alle famiglie di quelli detenuti, in prelevamenti operati direttamente dai componenti della famiglia Di Lauro, ricavando, perciò, nel periodo in esame, utili netti ‘soltanto’ per 548 mila euro. I libri contabili hanno consentito agli inquirenti di comprendere i meccanismi della ripartizione degli utili tra i vertici del sodalizio, della corresponsione degli stipendi agli affiliati e, più in generale, ”delle spese sostenute per la vita ed i bisogni dell’associazione”.

L’incasso dei 4 milioni e mezzo si riferisce al periodo compreso tra l’1 aprile 2007 ed il 3 maggio 2008. In particolare, poi il periodo Natale 2007 – Capodanno 2008 si e’ rivelato il più redditizio per la vendita degli stupefacenti, consentendo al clan Di Lauro, in pochi giorni, di vendere ben 4.080 dosi di cocaina per un incasso pari a 102.000 euro. Il sistema di tenuta contabile escogitato prevede una rendicontazione settimanale delle vendite di droga, allo scopo evidente, sottolinea la Dda, ”di rendere più agevole il controllo capillare da parte degli uomini di fiducia di Marco Di Lauro”.

GUADAGNI DA 1,6 MILIONI AL MESE. Un’azienda perfetta e mai in crisi con un sistema collaudato e gestito direttamente dai capoclan. In cassa al mese 1,6 milioni di euro al netto delle spese per la gestione di una ‘piazza’ di droga. Sono questi i conti del clan Di Lauro, una delle cosche più ricche della Campania che ha fatto dello spaccio di sostanze stupefacenti al rione dei Fiori a Secondigliano e poi in tutta l’area Nord l’unica entrata. E’ auanto emerge da un sequestro del 18 giugno 2010 di circa 200 block notes a casa di Salvatore Zimbetti, uno dei due cassieri della cosca del boss Paolo Di Lauro.

In un quaderno, per esempio, siè scoperto che nella sola giornata del 16 giugno di tre anni fa, la rete di spacciatori era riuscita a collocare sul mercato 11498 dosi di cocaina e kobrett per un ricavo di 40mila euro. Erano due le ‘capitali’ dello spaccio dei Di Lauro: una al ‘Terzo Mondo’ e una al ‘Rione dei Fiori’.Due i contabili della cosca (oltre a Zimbetti c’era anche Gennaro Monfrecola), e poi c’erano i cassieri, Salvatore Stornaiuolo e Carlo Capasso. Una parte delle entrate, sostiene il gip Raffaele Piccirillo, finanziavano tutte le spese della cosca: gli avvocati, l’acquisto delle armi e delle munizioni, la corruzione, il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, le ‘settimane’ per i killer, guardaspalle, sorveglianti armati, per i meccanici che riparavano le decine di auto di ‘servizio’, i rimborsi per i prestanome di garage e depositi dove veniva stoccata la droga, il pagamento ai figli dei Di Lauro per le loro spese ‘personali’ (di ogni tipo, dalla ristrutturazione delle abitazioni, l’arredamento, l’acquisto di auto e scooter, il mantenimento delle amanti).

Quando furono sequestrati i libri contabili della cosca di Paolo Di Lauro per decriptarli fu necessario l’intervento di Carlo Capasso, il collaboratore di giustizia che ha dato impulso, con le sue dichiarazioni all’inchiesta. “‘Mp 16 Pacc Matt 6400’, voleva dire 16 pacchetti piccoli di crack distribuiti agli spacciatori al ‘Terzo Mondo’. Ogni pacchetto e’ costituito da 23 dosi vendute a 20 euro l’una. Quindi somministrato tutto il pacchetto di droga si ricava la somma segnata a fianco ovvero 6400 euro”, ha riferito ai pm Capasso.

IL VIGILE AL SOLDO DEL CLAN. Per 200 euro a settimana ha macchiato la sua divisa di agente di polizia municipale, rivelando a due affiliati al clan Di Lauro che i carabinieri del Ros avevano installato due telecamere per riprendere tutte le fasi dello spaccio di droga. Adesso e’ indagato per corruzione in concorso con Salvatore Stornaiuolo, uno dei capipiazza della cosca di “Ciruzzo ‘o milionario”, cioè il boss Paolo Di Lauro. Il pagamento dell’assistente capo distaccato presso la Municipalit del rione dei Fiori, roccaforte del clan, era annotato su un block notes ritrovao il 18 giugno del 2010 a casa di Angelo Zimbetti, uno degli affiliati alla cosca.

Nel febbraio del 2005 i carabinieri del Ros riuscivano a installare negli uffici del servizio amministrativo comunale di Secondigliano, una telecamere occultata all’interno di un condizionatore d’aria, che riprendeva la zona antistante il bar ‘Rispoli’, luogo abituale di ritrovo dei fedelissimi di Di Lauro. Dopo pochi giorni la telecamera fu distrutta. Da una conversazione intercettata il 24 febbraio del 2005 all’interno di un’Alfa Romeo, Antonio Buono, affiliato ai Di Lauro, raccontava alla moglie e alla figlia, di quella telecamera. Fu poi il pentito Carlo Capasso, il 23 giugno, a raccontare del ‘regalo al vigile’, perché ‘stipendiato’ dal clan. Aveva il compito di segnalare al clan ogni iniziativa delle forze dell’ordine. ‘L’informazione la diede direttamente al boss Giuseppe Pica il quale incarico’ Damiano Loffredo e Salvatore Stornaiuolo per la rimozione della telecamera. Gennaro il vigile fu pagato direttamente da Pica’, ha detto Carlo Capasso.

Altre informazioni rese dal vigile riguardavano la rivlazione delle richieste di da anagrafici inoltrate all’ufficio municipale dalla polizia giudiziaria di alcuni affiliati. Con gratifiche ‘extra’ forniva anche certificati e false attestazioni. Infine un altro episodio riguarda lo stesso collaboratore di giustizia Carlo Capasso. ‘Gennaro il vigile’ compilò nel mese di maggio 2009 una documentazione falsa nella quale attestava che avrebbe operato personalmente lo sfratto della caso dello zio di Capasso, da un appartamento di edilizia popolare. Cosa che non fu mai fatta. Infine, circostanza ancora più inquietante, raccontato sempre dal pentito Capasso, riguarda il ruolo del vigile infedele nella fase delle minacce del figlio di un pregiudicato assassinato al parco acquatico Magic Worl. “Fu ‘Gennaro il vigile’ a rintracciare il ragazzino che fu minacciato e indotto a non raccontare in aula la verita’ sull’agguato costato la vita al padre”, ha detto.

GLI ARRESTATI. Amato Salvatore, 1978; Ardiano Mauro, 1962; Aruta Gaetano, 1988; Aruta Gennaro, 1974; Aruta Luigi, 1987; Avitabile Gennaro, 1988; Barbato Pasquale, 1972; Bocchetti Luigi, 1970; Brandi Ciro, 1959; Buonocore Federico, 1976; Capasso Luigi, 1981; Castiglia Gaetano, 1982; Cautela Luigi, 1980; Celentano Raffaele, 1976; Cerrito Vincenzo, 1964; De Luca Franco, 1979; De Maria Salvatore, 1973; Del Prete Luigi, 1983; Di Caprio Salvatore, 1983; Emolo Ferdinando, 1980; Esposito Gennaro, 1976; Esposito Pasquale, 1984; Faella Gennaro, 1950; Feliciello Rino, 1973; Giannone Claudio, 1980; Guarracino Massimo, 1986; Guarracino Pasquale, 1974; Ippolito Pasquale, 1987; Iaezza Ferdinando, 1984; Ieone Roberto, 1984; Loffredo Nicola, 1987; Lombardi Antonio, 1960; Lombardi Fabio, 1988; Longobardi Domenico, 1969; Mallardo Francesco, 1980; Marino Mario, 1964; Martusciello Giovanni, 1965; Minichino Raffaele, 1982; Mastellone Luigi, 1978; Montemurro Antonio, 1988; Musolino Salvatore, 1981; Natale Massimo, 1977; Niola Emanuele, 1984; Pellecchia Vincenzo, 1977; Peluso Egidio, 1985; Petrone Luigi, 1974; Prezioso Giuseppe, 1978; Reparato Salvatore, 1979; Rispoli Raffaele, 1977; Rosas Luigi, 1990; Rossi Teodora, 1977; Russo Benedetto, 1962; Silvestro Antonio, 1989; Silvestro Ciro, 1989; Silvestro Gennaro, 1965; Silvestro Giuseppe, 1961; Silvestro Luigi, 1962; Sottoferro Sergio, 1972; Spasiano Santolo, 1965; Spinelli Pasquale, 1976; Todisco Ciro, 1984; Tramontano Francesco, 1984; Vizzaccaro Vincenzo, 1950; Zimbetti Salvatore, 1977; Albano Salvatore Davide, 1991; Altamura Raffaele, 1962; Architravo Eduardo, 1962; Barone Gennaro, 1975; Campagna Vincenzo, 1975; Campus Luciano, 1987; Cella Luigi, 1978; Cioffi Biagio, 1979; D’Avanzo Mario, 1989; Di Somma Raffaele, 1979; De Lucia Luigi, 1985; Giardino Umberto, 1969; Guarino Rosario, 1983; Guarracino Mario, 1975; Ippolito Francesco, 1976; Loffredo Damiano, 1973; Lucarelli Antonio, 1980; Milano Mario, 1988; Natale Francesco, 1974; Niola Andrea, 1973 Papi Michele, 1974; Piscopo Pasquale, 1983; Pizzone Umberto, 1978; Raiano Luca, 1989; Saggese Ciro, 1978; Scotto Antonio, 1990; Siviero Gennaro, 1989; Sorrentino Francesco, 1968; Stigliano Gennaro,1981; Stornaiulo Salvatore, 1971; Talotti Nunzio, 1979; Tarantino Ciro, 1972; Todisco Nicola, 1982; Vizzaccaro Gennaro, 1976; Zimbetti Angelo, 1975; Zimbetti Mariano, 1973; Zimbetti Umberto, 1970. Agli arresti domiciliari: Zimbetti Salvatore, 1977; Mengoli Doriana, 1969; Mirra Antonio, 1969; Mirra Salvatore, 1968.

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