San Domenico, lo stupro dell’arte

di Redazione

 AVERSA. Ad Aversa, da alcuni anni in molti parlano di un turismo possibile, visto il patrimonio artistico di cui la città dispone. In tantissimi si prodigano, pur non avendo studi nel settore, né titoli, conoscenze o qualifiche, a fornire le loro ricette.

Noi di Aversa Città d’Arte, riteniamo che prima di poter parlare di una possibilità turistica per la nostra città bisognerebbe aver rispetto del patrimonio, sensibilità verso i beni artistici cittadini. Una sensibilità che manca persino nelle istituzioni, più sensibili a cercare di difendere la propria immagine, che nella realtà è indifendibile, visto il degrado in cui si trova Aversa, che di certo non sfugge neanche al più distratto degli aversani, che attente a cercare di risolvere le molteplici problematiche che attanagliano il territorio comunale, e tra queste il degrado in cui versa gran parte del patrimonio artistico e storico cittadino. Certo siamo sicuri che se ad Aversa incontrate cumuli di rifiuti la colpa è di una parte della stampa cittadina, che li denuncia e non di certo di chi dovrebbe garantire l’efficienza del servizio.

E così crediamo che ciò valga anche per i beni artistici cittadini. Tuttavia non ci arrendiamo! E per meglio far comprendere di cosa stiamo parlando abbiamo deciso in questi anni di puntare i riflettori su alcuni monumenti, da troppi anni trascurati da chi dovrebbe curarli, la cui attenzione, in passato è stata posta soltanto da ladri d’opere d’arte e malintenzionati.

Tra questi spicca sicuramente San Luigi dei francesi più nota come San Domenico. La chiesa fu fondata nel 1278 per volere del re di Sicilia e di Napoli, Carlo I d’Angiò, che volle dedicarla al fratello Luigi IX re di Francia, noto come il Santo, morto nel 1270 e canonizzato da papa Bonifacio VIII nel 1297. I primi lavori terminarono sotto il regno di Carlo II d’Angiò. Negli anni a seguire il convento fu dato ai padri domenicani. La conformazione attuale dell’edificio sacro la si deve a papa Benedetto XIII. Pietro Francesco Orsini dei duca di Gravina di Puglia, iniziò il suo percorso religioso proprio come domenicano. In seguito fu anche arcivescovo di Benevento, sino a salire il 29 Maggio del 1724 al soglio di Pietro, con in nome di Benedetto XIII. Nel 1727, essendo vescovo di Aversa, l’illuminato cardinale Innico Caracciolo, il papa decise di fargli visita. Sostò in città per quasi una settimana, decidendo di dimorare non nel palazzo vescovile, ma nel convento domenicano.

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Al seguito del Pontefice si trovava l’architetto napoletano di nascita, ma romano di adozione, Filippo Raguzzini, considerato il padre del roccocò romano, uno dei maggiori architetti di quel periodo. Il papa, come omaggio ai domenicani e alla diocesi di Aversa, chiese all’architetto il rifacimento della chiesa di San Domenico, e Raguzzini, come riporta anche nei suoi studi il professor Aldo Cecere, dopo qualche anno, diede vita all’opera, adattando al monumento aversano, con molta probabilità, il progetto che aveva destinato al rifacimento della Basilica romana di San Giovanni in Laterano, che nel frattempo essendo morto papa Benedetto XIII suo protettore e mecenate, fu affidata dal nuovo pontefice Clemente XII ad Alessandro Galilei, nipote dello scienziato. Così il destino volle, che ad Aversa, anche se in scala ridotta, sorgesse il modello di quella che sarebbe dovuta essere una delle più importanti basiliche della cristianità: San Giovanni in Laterano. Un esempio di barocco, diverso dagli stilemi di quello campano, che andrebbe valorizzato e non lasciato all’incuria e al degrado.

Grazie ad alcuni lavori eseguiti negli ultimi dieci anni la facciata è stata recuperata, mentre l’interno è in totale abbandono dall’ormai lontano sisma del 1980, come potrete vedere dal filmato-denuncia. Anche i lavori del plesso monastico (che dovevano adattare lo stesso sito ad ospitare il tribunale di Aversa), che dopo i monaci aveva ospitato prima il Comune, sino ai primi anni trenta del secolo scorso, e la biblioteca comunale voluta da Gaetano Parente, ed ivi allocata sino ad un lustro fa, si sono fermati a metà. Grazie ad essi abbiamo “riscoperto” il chiostro piccolo (o minore), di cui la maggior parte degli aversani ignoravano completamente l’esistenza, compresi gli storici e gli appassionati che negli ultimi cento anni hanno scritto su Aversa.

Adesso però tutto è fermo, e l’oblio torna a farla da padrone. Noi di Aversa Città d’Arte vi invitiamo a vedere il video, per meglio comprendere le cose come effettivamente stanno. E se stanno così vuoi vedere che è colpa di quei “cattivoni” di giornalisti? Il giudizio agli amici di Pupia!

Giuseppe Lettieri, ideatore di “Aversa Città d’Arte”

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