Roma: Marino, in testa, va al ballottaggio con Alemanno. Crolla il M5S

di Mena Grimaldi

 ROMA. Verso il ballottagio, nella Capitale,tra Ignazio MarinoeGianni Alemanno. In testa il candidato del centrodinistra con il 42,94%, quando sono950 le sezioni scrutinate su 2.600. Il sindaco uscente lo insegue con il 30,24%.

Marcello De Vito (M5S) è al 12,42% e l’indipendente Alfio Marchini al 9,23%.E’ quanto emerge dai primi risultati delle elezioni comunali a Roma. Secondo le proiezioni dell’Istituto Piepoli per la Rai, Marino è avanti con il 43,05%,seguito da Alemannocon il 30,17%, poi da De Vito con il 12,41% eda Marchini con il 9,19%.

Le votazioni sono state caratterizzate da un forte astensionismo.52,8% la percentuale di affluenza, oltre 20 punti in meno rispetto al 2008, quando andò a votare il 73,52%. Da segnalare anche il crollo dei cinquestelle che non arrivano al 13%, dimezzando il 27,3% delle politiche.

“Dal voto è emerso il desiderio di voltare pagina e cambiare, c’è bisogno di far rinascere questa città. – ha commentato Marino – E’ evidente che non è finita, la corsa elettorale continua e da domani tornerò nelle periferia ad ascoltare le persone”.

Il candidato di centrosinistra ne approfitta per aprire ad Alfio Marchini, “molto radicato in questa città, ha fatto un’ottima campagna elettorale” ma anche al M5S: “Spero che gli elettori del Movimento Cinque stelle apprezzeranno il fatto che noi molti loro temi li consideriamo temi nostri”, chiosa l’ex senatore.

“Dobbiamo portare a votare chi non c’è stato”, ha detto Alemanno, che se la prende con la campagna di diffamazione verso la giunta che avrebbe caratterizzato il quinquennio e definisce il derby Roma-Lazio “un elemento di distrazione e blocco di una parte della città” che potrebbe aver influito sulla partecipazione degli elettori. A rincarare la dose è Andrea Augello, coordinatore del comitato Alemanno, per il quale l’astensionismo è colpa di Marino, che con la sua campagna fatta di slogan “ha creato la convinzione che non ci fosse una vera competizione” e che ha impedito “un confronto serrato su temi reali e concreti”.

Intanto,se Marchini definisce prematuro parlare di apparentamenti o appelli al voto, il candidato del Movimento 5 Stelle,De Vito, lo esclude e attacca: “Fareste un accordo con un partito che nel 2008 ha lasciato 12 miliardi di debito di cui 12 miliardi di contratti derivati?”. Sul calo subito dal movimento, De Vito afferma: “Non è corretto confrontare questo dato con quello nazionale, il voto amministrativo è totalmente diverso”. E poi chiama in causa la scarsa visibilità mediatica:”Gli altri partiti – dice De Vito – hanno messo in campo una forza non solo economica nettamente diversa e abbiamo trovato pochissimo spazio sui giornali”.

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