Mediaset, i giudici: “Berlusconi decideva anche da premier”

di Mena Grimaldi

 MILANO. “Un sistema portato avanti per molti anni proseguito nonostante i ruoli pubblici assunti. E condotto in posizione di assoluto vertice”.

Così la corte di appello di Milano ha scritto nelle motivazioni della sentenza con cui ha confermato i 4 anni di carcere per Silvio Berlusconi, imputato per il caso Mediaset.

Silvio Berlusconi è stato il “reale beneficiario delle catene” dei diritti tv, cioé di un sistema che, secondo l’imputazione, avrebbe portato a gonfiare i costi della compravendita degli stessi diritti tv. Inoltre, ha sottolineato che Berlusconi era uno dei due “responsabili di vertice di tale illecita complessiva operazione”.

La Corte d’Appello di Milano, dunque, ha ritenuto che “in relazione alla oggettiva gravità del reato, è ben chiara l’impossibilità di concedere le attenuanti generiche” all’ex premier.

“Era assolutamente ovvio che la gestione dei diritti, il principale costo sostenuto dal gruppo, fosse una questione strategica, quindi fosse interesse della proprietà, di una proprietà che, appunto, rimaneva interessata e coinvolta nelle scelte gestionali, pur abbandonando l’ operatività giornaliera”.

Presa di posizione molto dura anche da parte della Cassazione in merito al trasferimento dei processi. L’asserita esistenza di “contesti deliberatamente persecutori o complottistici dell’intera autorità giudiziaria milanese” nei confronti Berlusconi, è “un’accusa infamante”, perché intacca il dovere di “imparzialità e l’indipendenza di giudizio”.

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