Segregate per 10 anni: liberate tre donne

di Emma Zampella

 CLEVELAND. Una storia che ha dell’incredibile, ancora avvolta nel mistero, ma con un lieto fine: tre donne, scomparse 10 anni fa, sono riuscite a scappare dal loro aguzzino.

Stando a sentire le prime indiscrezioni, pare che le vittime fossero legate tutto il giorno nel seminterrato. Con loro sono stati liberati anche due minori. Delle tre ragazze si erano perse le tracce da circa 10 anni: Michelle Knight sparita nel 2002 all’età di 20 anni, Amanda Berry, di cui non si avevano più notizie dal 2003, all’età di 17 e Gina de Jesus scomparsa invece nel 2004 all’età di 14 anni. Tutte svanite in circostanze diverse, ma con la stessa modalità e soprattutto nella stessa zona di Cleveland. Tanto che sono state ritrovate a pochi chilometri di distanza dal luogo della scomparsa.

A tenerle segregate in casa per anni è stato Ariel Castro, 52 anni, autista di scuola bus, che avrebbe agito con la complicità dei due fratelli di 50 e 52 anni. I tre sono stati arrestati. A dare l’allarme è stata Amanda, una delle rapite, che, approfittando dell’allontanamento del suo rapitore, avrebbe tentato di scappare. Pare infatti che la vicenda sia partita da alcuni rumori provenientidalla casa-prigione.Rumori simili a quelli delle urla di una donna, che hanno attirato l’attenzione di un vicino. La ragazza, in compagnia di una bambina, infatti stava battendo i pugni contro quella porta bloccata che le impediva di uscire. In lacrime, chiede aiuto: “Sono Amanda Berry, sono stata rapita dieci anni fa, la prego chiami la polizia”.

L’uomo telefona al 911 e poi passa il cellulare alla ragazza che ripete il suo appello alla centralinista. Arrivano diverse pattuglie ed è a questo punto – secondo testimonianze ancora confuse – che gli agenti trovano nella casa le altre due ragazze. Le vittime di questa orrenda storia sono state portate in ospedale per un lungo recupero, anche se pare che loro condizioni di salute siano perfette. Non sembra siano stati trovati segni di violenza o torture simili. Insieme a Amanda anche la figlia di 6 anni, nata durante la prigionia. Tutti raccontano particolari che lasciano sgomenti. Nessuno, in questi anni, si era mai accorto della presenza delle tre donne. Castro, da tempo separato dalla moglie, entrava sempre dal retro, teneva le tende abbassate, la casa al buio e dunque non era possibile sbirciare all’interno.

Israel Lugo, un uomo che vive nelle vicinanze, ha sostenuto alla Cnn di aver avvertito, nel 2011, la polizia perché aveva sentito della grida provenire dall’abitazione del “mostro”. Una pattuglia ha fatto un rapido controllo all’esterno e se ne è andata. Una donna, invece, ha raccontato che l’uomo aveva una figlia che lo veniva ogni tanto a trovare. E un figlio, Anthony, aveva scritto anni fa un articolo sulla scomparsa di Gina sul giornale dell’università intervistando i parenti. Ieri non appena appresa la notizia si è detto sconvolto, ma è chiaro che sarà interrogato per capire se davvero è estraneo. Possibile che mai nessuno si sia accorto di nulla? Nessuno ha mai avuto il sospetto che in quella casa e nella vita di quell’uomo ci fosse qualcosa di strano? Una vicenda avvolta nel mistero.

Un’inchiesta è stata aperta sulla macabra storia che ha dato vita ad una polemica e una lunga riflessione sulla circostanza secondo cui la polizia avrebbe chiuso troppo velocemente la questione dei rapimenti delle tre ragazze. La scomparsa delle giovani donne, infatti, molto spesso è stata liquidata come fuga volontaria da parte delle stesse. Il tutto nonostante le segnalazioni arrivate di tanto in tanto, ma non analizzate a fondo dagli agenti di polizia. Al momento, in cui si tentano ancora di capire le dinamiche dei rapimenti, ma soprattutto la sopravvivenza in tutti questi anni di prigionia, l’attenzione è concentrata sul rapitore.

Ariel Castro, oltre a guidare gli scuolabus, suonava il basso in un band e si esibiva nei locali della zona. Uno di questi era di proprietà dello zio di Gina e alcune testimonianze sostengono che il rapitore conoscesse la famiglia de Jesus. Nella sua fedina penale una denuncia per violenze tra le pareti di casa nel 1993, un anno dopo da quando si era trasferito in Seymour Avenue. Gli esperti cercano di spiegare come sia stato possibile che le prigioniere non abbiano tentato la fuga e ricordano che in passato ci sono stati molti casi analoghi. La persona in ostaggio è soggiogata, minacciata, teme per la sua vita. E alla fine si arrende al suo carceriere sperando che un giorno la salvezza arrivi.

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