Ragazze rapite 10 anni fa: tutti sapevano. Si cercano 5 feti

di Emma Zampella

Ariel CastroCLEAVELAND. All’indomani della liberazione delle tre ragazze segregate per dieci anni in un’abitazione di Cleaveland, nell’Ohio, emergono raccapriccianti dettagli e interessanti colpi di scena.

La liberazione di Michelle Knight, Gina DeJesus e di Amanda Berry con la sua figlioletta ha sconvolto tutti, anche se quello che sorprende, adesso che il peggio è passato, è che tutti conoscevano, tutti avevano segnalato qualcosa alla polizia, ma nessuno aveva indagato a fondo. La convinzione con cui si sveglia, oggi, Cleveland è che la polizia non ha fatto a fondo il suo dovere, sottovalutando indizi utili, elementi che avrebbero potuto accorciare la prigionia delle tre donne.

Diversi infatti sono gli episodi che i vicini della casa prigione avrebbero segnalato alle forze dell’ordine. Non molti anni fa, Elsie Cintron, che vive a tre isolati di Ariel Castro, il “carceriere”, comunicò che la figlia vide una ragazza totalmente nuda distesa nel giardino di casa sua.“Chiamai la centrale ma non presero la cosa sul serio”, denuncia indignata. Il fatto però non fu preso in considerazione dalle autorità, che lo reputarono uno scherzo. Amanda Berry, Gina DeJesus e Michelle Knight,rapite a distanza di breve tempo l’una dall’altra sarebbero state, poi, viste nude e legate a un guinzaglio camminare a quattro zampe nel cortile della proprietà di Ariel Castro, trascinate da tre uomini. Ad assistere alla scena diversi testimoni, ma sono tanti i misteri ancora da svelare legati alla vicenda.

Più volte i vicini di casa di Seymour Avenue si sarebbero rivolti alla polizia per segnalare diverse stranezze, ma gli agenti si sono limitati a bussare alla porta e – senza alcuna risposta – a tornare indietro. Così come quando Lugo, vicino del mostro, sostenne che la sorella avrebbe scorto una donna e una bimba dietro ad una finestra. “Picchiavano sul vetro come se chiedessero aiuto” ha riferito. Ma la sua segnalazione alla polizia non fu presa in considerazione. la polizia, dal canto suo smentisce però. Le autorità sostengono che, al momento, nei loro archivi risultano solo tre “contatti” con Castro. Nel 1993 per una denuncia di aggressione da parte della moglie pestata a sangue da Ariel. Nel 2000, quando è lui stesso a chiamare il 911 per una rissa in strada. Poi nel 2004: in quest’occasione due ispettori si recano a casa dell’uomo per interrogarlo. Durante il suo turno di lavoro come autista di scuolabus si è “dimenticato” un bimbo. Gli agenti bussano alla porta ma nessuno risponde e se ne vanno.

Gli agenti che indagano sul sequestro decennale delle giovani donne hanno trovato all’interno dell’abitazione corde e catene, verosimilmente utilizzate dal padrone di casa, Ariel Castro, per meglio soggiogare le sue prigioniere. A riferirlo è stato Michael McGrath, capo della polizia della città dell’Ohio, intervistato dal network televisivo “Nbc”: “Abbiamo conferma che le ragazze erano legate, e che nell’atrio c’erano corde e catene”, ha detto l’agente. La storia diventa poi ricca di dettagli raccapriccianti quando si indaga in quella casa degli orrori e si cercano tre feti, provenienti dai diversi aborti, a cui le ragazze sono state sottoposte. Gli aborti erano provocati con la malnutrizione o le violenze: le donne venivano picchiate e maltrattate.

Secondo gli investigatori le tre ragazze, Amanda Berry, Georgina DeJesus e Michele Knight, usate come “schiave del sesso” dal loro rapitore e probabilmente anche dai due fratelli di lui, sono state costrette ad abortire ben cinque volte. Secondo NewsChannel5, una delle ragazze avrebbe avuto almeno due o tre aborti per malnutrizione. Dei cinque bambini che sarebbero nati non c’è traccia, ma, come emerge dal racconto delle vittime, almeno altri tre sarebbero morti ancor prima di nascere. L’unica bambina sopravvissuta è la figlia di Amanda, 6 anni liberata con le tre donne. A questo proposito, qualcuno ricorda che Ariel ogni tanto andava al parco giochi con una bambinetta e quando gli chiedevano chi fosse, replicava che fosse la figlia della sua ragazza.

Restano le domande sul perché e come mai nessuno abbia visto. “La casa era sempre chiusa. C’erano posti dove non potevamo andare. C’erano lucchetti che chiudevano il seminterrato, lucchetti nel piano superiore, lucchetti nel garage” testimonia adesso Anthony Castro, figlio di Ariel.Intervistato dalDaily Mail, riferisce inoltre che parlava con suo padre solo qualche volta all’anno e che raramente ha fatto visita alla casa. L’ultima volta che si è recato nell’abitazione di Cleveland, due settimane fa, il padre non lo ha fatto entrare. Qualche settimana dopo la scomparsa di Gina DeJesus, una delle tre ragazze liberate, il ragazzo, che vive a Columbus, scrisse anche un articolo sul giornale della comunità di Cleveland sul caso. All’epoca era studente di giornalismo.

Il sequestratore, Ariel Castro, negli ultimi anni partecipò a molte iniziative benefiche per aiutare la ricerca di Gina DeJesus. L’uomo, amico di famiglia della giovane scomparsa all’età di appena 14 anni nel 2004, andò più volte in giro nella città con le foto della ragazza. Quindi suonò il suo basso in alcuni concerti allo scopo di raccogliere fondi. L’anno scorso, questo ex autista di scuolabus dall’aria bonaria, partecipò perfino a una veglia per ricordare la sparizione di Gina, arrivando personalmente a confortare la madre. A riferirlo è Samad, attivista della comunità che ha accompagnato la famiglia DeJesus in ospedale lunedì notte per ricongiungersi con la ragazza, e secondo il quale Ariel Castro conosceva il padre di Gina. “Quando cercavamo Gina, lui ci ha aiutato a distribuire i volantini”, racconta Samad.

“L’incubo è finito. Queste tre ragazze ci hanno fornito la definizione più pura di sopravvivenza e perseveranza”, ha detto Steve Anthony, agente speciale del Fbi. “Le famiglie di queste tre giovani non hanno mai abbandonato la speranza e nemmeno le forze dell’ordine. Come potete immaginare, le parole non possono descrivere l’emozione che proviamo noi tutti. Anche le forze dell’ordine piangono”.

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