Ritrovata la Calotta Cranica di San Cesario

di Redazione

 CESA. Nell’anno in cui la Comunità Cesana si appresta a concludere le celebrazioni per il quarto centenario della traslazione delle reliquie del protettore San Cesario Diacono e Martire, …

… si porta a conoscenza della cittadinanza la storia del cranio e delle reliquie insigni del Santo, gli studi sulla sua età (attraverso un’ analisi visiva della mandibola inferiore) ed il ritrovamento della sua calotta cranica nel monastero di S. Pietro in Modena. Nell’opera “Sanatio Gallae et translatio S. Caesarii Romam” si racconta che la venerazione dei resti mortali di S. Cesario Diacono e Martire richiamasse schiere di pellegrini sulla sua tomba, ubicata fuori la città di Terracina nella zona nota nel medioevo con il nome “Prebende”.

Infatti il Vescovo di Nisibe (Turchia) Giacomo di Nisibis, Santo siriaco (270-338), riuscì ad ottenere una porzione del braccio di S. Cesario per la sua diocesi e durante la traslazione in una vicina città si sviluppò un grande incidendo ma al passaggio della reliquia le fiamme si spensero, rinfrancando le anime afflitte dei cittadini. Tra il 375 e il 379, il Corpo di S. Cesario fu traslato nella Domus Augustana di Roma (Villa Mills sul Palatino, demolita tra 1934) per volontà dell’imperatore Valentiniano I, dopo la guarigione miracolosa della figlia Galla Placidia sul suo sepolcro a Terracina. All’interno di questo palazzo imperiale venne eretto un oratorio in onore del martire chiamato “S. Cesareo in Palatio”.

Per quanto concerne “Reliquiae non insignes”, nell’anno 810 l’arcivescovo di Magonza (Germania), Richulf von Mainz, ricevette da papa Leone III alcune ossa di San Cesario di Terracina per l’abbazia imperiale di Sant’Albano presso Magonza, portate dal vescovo suffraganeo Bernhard von Worms e dall’abate francese Adalhard von Corbie, nipote di Carlo Martello e cugino di Carlo Magno. L’abbazia benedettina di Saint Michel di Cuxa (Francia) possedeva una sua ciocca di capelli: “Insunt reliquiae ex capillis Sancti Caesarii Diaconi juxta urbem Terracinam sepulti”.

 Alcune reliquie del Santo furono traslate in Inghilterra: il Re Edgar I (943 –975) e Duke Adelwinus donarono alcune ossa di S. Cesario all’abbazia di Glastonbury, le quali furono collocate accanto la tomba dell’abate John of Kent; Successivamente alcuni frammenti ossei e un pezzetto della sua veste furono trasportati nella cattedrale di Exeter. Il 2 Febbraio dell’anno 971, il Vescovo Wigfrid de Verdun (Francia) donò al monastero della città, dedicato a S. Paolo, reliquie dei Ss. Cesario diacono, Sebastiano e Fabiano. Nell’anno 1064, nel monastero di S. Cesareo in Palatio avvenne la “suddivisione delle reliquie” di S. Cesario Diacono e Martire: il capo fu staccato dal resto del corpo e otto ossa integre furono traslate, dal papa Alessandro II, nel monastero di S. Ponziano di Lucca: questo prezioso reliquiario è stato ritrovato nel mese di dicembre del 2009 da Mons. Michelangelo Giannotti (Vicario Generale dell’Arcidiocesi di Lucca) ed attualmente è conservato nella Basilica di S. Frediano di Lucca, dove viene solennemente esposto il 1° novembre.

Sono “Reliquie Insigni” in quanto, anche se il corpo è privo del capo, esso è dotato degli arti inferiori ed alcune ossa degli arti superiori; Infatti il reliquiario di Lucca contiene: la scapola, le due ossa iliache, femore, tibia e perone. Nel 1070 Annone II, arcivescovo di Köln, ottenne dal papa Alessandro II, porzioni del braccio di S. Cesario che furono donate alla nuova chiesa di S. Giacomo di Colonia (Germania) ed incastonati in 2 reliquiari: “Item brachium argenteum cum reliquiis Sancti Cesarii – Item reliquie Sancti Cesarii cum argenteis pedibus”. L’arcivescovo donò frammenti ossei del braccio anche ad alcuni edifici di culto della sua diocesi di Colonia: Duomo, Chiesa St. Pantaleon, Certosa St. Barbara, Chiesa St. Bonifatius und Willibrord e per la consacrazione dell’altare della Basilica di St. Maria im Kapitol.

Altre Porzioni del Braccio di S. Cesario erano conservate nel “Tesoro” della Cappella del Sancta Sanctorum di Roma. Questa reliquia è ricordata, nel 1175, dal Diacono Giovanni: “Ibi est etiam brachium Sancti Cesarii martyris”, contenuta nell’arca cypressina di Leone III (795-816), in un contesto dove appare evidente la volontà del compilatore di sottolineare la preziosità di questa raccolta di cimeli (la cappella del Sancta Sanctorum, come indica lo stesso appellativo, era uno dei luoghi più sacri della cristianità, riservato alla devozione privata del pontefice e del suo entourage). Il 6 giugno 1905 le reliquie della cappella e i loro preziosissimi contenitori furono riportati alla luce in occasione di una ricognizione del vano sotto l’altare, annunciatasi da subito come una delle principali acquisizioni della moderna archeologia cristiana.

La famosa reliquia del braccio di San Cesario era assente “demeurent sans correspondance dans nos authentiques” ed è stata esclusa dalle recenti pubblicazioni monografiche. Possedere il cranio o un braccio di S. Cesario era segno e garanzia di prestigio non solo religioso ma anche politico. Heinrich der Löwe, Duca di Sassonia e di Baviera, detto Enrico il Leone, nel 1172/73 fece un viaggio in Terra Santa e portò la miracolosa porzione ossea del braccio di S. Cesario Diacono (traslata in Turchia da S. Giacomo di Nisibe) nel duomo di Braunschweig, incastonata in un prezioso reliquiario d’arte bizantina in lamina d’oro sbalzato. Attualmente questo reliquiario si conserva in un museo di Berlino, ubicato nel Kulturforum.

In “Il Fuoco” Gabriele D’Annunzio descrive la visita in un museo di Vienna: una grande sala deserta con il crepitio della pioggia sulle vetrate, nelle custodie di cristallo vi erano innumerevoli reliquiari preziosi; Una vera e propria collezione di “Bracci Santi” – The Guelph Treasure – con le loro mani di metallo atteggiate in un gesto immobile, tra cui il reliquiario bizantino di S. Cesario (pochi anni prima che fosse traslato a Berlino) e dei Ss. Teodoro, Innocenzo, Lorenzo e Bartolomeo. D’Annunzio descrive la differenza tra contenuto e contenitore: i reliquiari, adorni di gemme, sono più preziosi delle reliquie stesse e quindi esorta il lettore a non venerarli più: “Cose in esilio, divenute profane, non pregate, non adorate più“.

Il Cardinale Cesare Baronio narra che alla morte dell’antipapa Anacleto II (nato Pietro Pierleoni), avvenuta il 25 gennaio 1138, il partito dei Pierleoni elesse il cardinale Gregorio Conti che assunse il nome di Vittore IV ma in seguito all’intervento di Bernardo, abate di Clairvaux, l’antipapa si recò da Innocenzo II rinunciando all’elezione. Il papa Innocenzo II, venuto a conoscenza che Bernardo aveva intenzione di partire da Roma per il suo monastero in Francia, ordinò ai monaci di S. Cesareo in Palatio di donargli, come segno di riconoscimento, il capo del martire Terracinese. Bernardo chiese di avere solo un dente in quanto non voleva privare al monastero un tesoro così importante; I monaci si misero subito all’ opera per esaudire la sua richiesta ma non riuscirono ad estrarlo dalla mandibola né con ferri né con coltelli.

Bernardo, vedendo questo miracolo, disse: “Padri miei, bisogna fare orazione perché se S. Cesario non dovesse acconsentire di darci il dente, noi non l’avremmo mai; Preghiamo dunque che ci conceda questa reliquia”. Così fecero e finita la preghiera, l’abate francese riuscì ad estrarre il dente con solo 2 dita. La reliquia “ Dens Sancti Caesarii” è menzionata tra i tesori dell’abbazia di Clairvaux dal sec. XII. Il monastero di San Cesareo in Palatio, nel XIII secolo, andò in rovina e si provvide a trasportare parte del corpo del Santo nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme di Roma dove tuttora si conserva nella vasca di basalto, posta sotto la mensa dell’altare maggiore.

Successivamente il cranio del martire fu traslato nella Basilica romana di Sant’Anastasia al Palatino ma la mandibola inferiore rimase in Santa Croce in Gerusalemme per ricordare il miracolo di S. Bernardo di Chiaravalle, figura carismatica dell’ordine cistercense. Le “guide” di Roma del 1500 menzionano tra le reliquie più importanti conservate nella Basilica di Sant’Anastasia: il capo di S. Cesario Diacono e Martire, di S. Saba Abate e S. Guglielmo confessore.Nel 1645 il cranio del Santo Terracinese si conservava ancora in questa Basilica in quanto il cardinale Fausto Poli donò alcune porzioni alla chiesa di S. Salvatore ad Usigni (Perugia). Successivamente il reliquiario fu traslato in un luogo imprecisato.

Nel 1639, Don Agostino Vignoli, parroco della Basilica di San Cesario sul Panaro (Modena) si mise all’opera per procurare alla sua comunità una reliquia del Santo Protettore ed il Conte Luigi Boschetti chiese ed ottenne dall’abate della Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, la mandibola inferiore che fu incastonata in un reliquiario argenteo (attualmente conservato nella canonica della Basilica di S. Cesario sul Panaro). Nell’anno 2011- 2012 alcuni professori associati di Medicina Legale, odontoiatri e medici chirurghi hanno analizzato “visivamente” la mandibola inferiore di S. Cesario Diacono e Martire di Terracina: si tratta di mandibola umana di un soggetto maschile completamente dentato alla morte (arcata dentaria completa). Molti elementi dentari risultano perduti post mortem e le manovre avulsive sono state eseguite attentamente. La presenza di un molare del giudizio, l’alveolo post-estrattivo dell’eterolaterale, gli alveoli ossei privi di denti che denotano la loro integrità insieme i denti superstiti fa dedurre l’appartenenza del reperto ad un giovane adulto (18-22 anni).

Sono presenti solo sei denti, ancora infissi nei loro alveoli: 46 (primo molare inferiore di destra), 47 (secondo molare inferiore di destra), 48 (terzo molare inferiore di destra), 35 (secondo premolare inferiore di sinistra), 36 (primo molare inferiore di sinistra) e il dente 37 (secondo molare inferiore di sinistra). Le superfici dentarie sembrano indenni da processi patologici e da tracce di patologie ossee dalla piccola parte dell’osso che sporge. Non risultano quindi processi di carie dentaria; Gli antichi romani – anche se nella loro dieta era assente lo zucchero ed usavano miele come dolcificante – andavano ugualmente incontro a carie ed altre patologie. Eventuali esami sul resto – radiografie, ad esempio – potrebbero fornire un profilo biologico (sesso, età, segni patologici, fino all’eventuale profilo del DNA e datazione storica con C14) più preciso del soggetto.

Nel monastero benedettino di San Pietro in Modena, nel locale adibito a museo “la Sala del Tesoro” (ubicata accanto alla sacrestia monumentale) vi è esposto un prezioso reliquiario contenente la calotta cranica del famoso martire Terracinese. Una domanda sorge spontanea: Com’è arrivata questa reliquia a Modena? Il culto di S. Cesario Diacono fu introdotto, da Roma, in queste terre del Nord per opera di alcuni benedettini che dalla eterna città erano passati all’abbazia di Nonantola.

Probabilmente a portare la calotta cranica del Santo nella diocesi di Modena fu Anselmo, abate di Nonantola (723-803), il quale nel 752 si recò a Roma, dove papa Stefano II gli donò reliquie di san Silvestro I papa ed una parte del cranio del Levita Cesario: la devozione verso il Santo iniziò a rafforzarsi e nell’antica Corte di Vilzacara ( l’attuale città di S. Cesario sul Panaro) gli venne dedicata una chiesa. Nell’anno 1439 questa chiesa di S. Cesario e la Corte furono ceduti ai monaci di S. Pietro di Modena e forse in questo periodo si provvide a trasferire la calotta cranica nel loro monastero.

Purtroppo non esiste più l’antica autentica originale della donazione della reliquia ma studi più approfonditi potrebbero rilevare nuove informazioni sulla storia della traslazione. Nella “Sala del Tesoro” del monastero si conserva un bellissimo Bastone Pastorale argenteo (XVI Sec.) sul quale vi sono raffigurati: S. Pietro, S. Cesario diacono, S. Geminiano, S. Michele, Sant’Agnese e Sant’ Anastasio. La calotta cranica, con il cartiglio in latino “Caput Sancti Caesarii Diaconi et Martyris – 1 Novembris”, fu collocata in un prezioso reliquiario argenteo: un fusto esagonale con nodo globulare schiacciato che sorregge un’urna a sei luci ovali, decorata con fiori di stoffa. Sulla cornice crestata è posta anche una reliquia di S. Biagio Vescovo e Martire, inserita in un ciborio con archi rampanti, pinnacoli e guglia fornita di croce apicale.

Questa parte del cranio è stata tagliata o comunque separata a livello dei seni mascellari ed è possibile visionare l’osso mascellare con le lamine verticali delle ossa palatine, quindi il pavimento della cavità nasale. Dal 1926 al 1938 il Monastero di S. Pietro fu chiuso ed il cranio di S. Cesario fu traslato nel Monastero di Santa Maria del Monte di Cesena. Il 30 ottobre 1929 il Vescovo di Cesena, Mons. Alfonso Archi, autenticò il reliquiario di S. Cesario Diacono per la venerazione. Dopo questa breve interruzione, il monastero di S. Pietro di Modena fu riaperto e tutti gli oggetti liturgici, tra cui questo reliquiario, ritornarono nella loro originaria sede.

Nel monastero di S. Pietro si conserva anche il corpo di un altro S. Cesario, un presunto martire romano, i cui resti mortali furono estratti dalle catacombe. Bisogna fare molto attenzione a non confondere i 2 Santi omonimi: Il 16 aprile 1623 Mons. Innocenzo Massimo (vescovo di Bertinoro) fece recuperare un “Corpo Santo” al quale venne dato il nome “Cesario”: nel 1627 parte considerevole delle reliquie furono donate all’abate del monastero di S. Pietro in Modena, Crisostomo Barbieri Fontana e le restanti ossa, nel 1639, furono traslate nella parrocchia S. Maria Assunta in Mura Savallo (Brescia).

Con il passare dei secoli queste ossa di S. Cesario, martire delle catacombe, furono tolte dall’urna originaria e disperse nei locali del monastero di S. Pietro ma nel 1900 il parroco don Ernesto Antoniolli le ritrovò avvolte un prezioso tessuto ad arazzo, con quelle dei SS. Abdon, Gaudenzio e Ridolfo MM., le quali furono deposte in un sacello sotto l’altare maggiore, dove ancora oggi si conservano.

Don Antoniolli erroneamente pensò che si trattasse del corpo di S. Cesario diacono di Terracina soprattutto perché S. Pietro di Modena possedeva sul Panaro un feudo a lui intitolato. Altri Corpi Santi (“Martiri inventi”) con il nome “S. Cesario”, estratti dalle catacombe, si conservano nelle seguenti città: Vasto (Chieti), Matelica (Macerata), Putignano di Bari (Bari), Caramagna Piemonte (Cuneo), Barbarano Vicentino (Vicenza), Montagnana (PD), Montevarchi (Arezzo), Padova e Mura Savallo (Brescia).

La chiesa di Santa Maria dei Sette dolori in Roma custodisce le spoglie di un San Cesareo, martire delle catacombe, sotto la mensa dell’altare, collocate all’interno di una statua di cera raffigurante un giovinetto morente. Questo corpo fu estratto dal cimitero di Ciriaca in Roma, nella prima metà del sec. XVII, grazie al cardinale Gaspare Carpegna.

L’archeologo che ritrovò le reliquie, leggendo la “Passio Sancti Caesarii diaconi et martyris” confuse il luogo di sepoltura del Santo “l’Agro Varano”, ubicato fuori la città di Terracina, con “l’Agro Verano” sulla via Tiburtina di Roma, dove si trova la catacomba della matrona S. Ciriaca, proprietaria del terreno in cui fu scavato il cimitero. Quindi si ipotizzò, erroneamente, che il corpo fosse quello del martire Terracinese.

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