Ruby protesta: “Vittima di violenza psicologica. Voglio dire la verità”

di Emma Zampella

Ruby protesta Palazzo giustizia MilanoProtesta davanti al Palazzo di Giustizia a Milano: “Subisco una violenza psicologica”.

A parlare è stata Ruby, all’anagrafe Karima El Mahroug, la giovane marocchina al centro del processo sui festini hard nella residenza di Silvio Berlusconi ad Arcore. Una protesta vera e propria quella che si è consumata fuori il palazzo di Giustizia, durante la quale la donna ha inveito contro i giudici: “Subisco dai giudici violenza psicologica, una vera e propria tortura, una pressione insostenibile” – ha dichiarato aggiungendo poi – Per colpire Berlusconi la stampa ha fatto male a me». «Oggi ho capito che è in corso una guerra contro Berlusconi e io ne sono rimasta coinvolta, ma non voglio che la mia vita venga distrutta”.

I magistrati, stando a quanto sostiene Ruby, l’avrebbero spinta a dichiarare il falso questo il succo del comunicato stampa che è stato letto ai giornalisti presenti. “Non sono una prostituta. Non ho mai avuto rapporti sessuali a pagamento e non li ho mai avuti con Silvio Berlusconi” ha confessato la marocchina sostenendo che, nel processo che porta il suo nome, nessuno mai ha voluto ascoltare la sua voce e quanto avesse da dire. L’intento e la volontà di Ruby sarebbero quelli di dire solo ed esclusivamente la verità: una verità che, leggendo tra le righe, pare non piaccia ai magistrati. “Voglio protestare per non essere stata sentita – ha dichiarato Ruby mercoledì annunciando la sua presenza davanti al tribunale -. Non ne capisco la ragione e intendo dirlo pubblicamente. Dopo aver sopportato tante cattiverie sono qui a chiedere di essere sentita”.

Era stata in realtà convocata al processo, ma era in Messico in vacanza e il tribunale non ha ritenuto di riconvocarla. Nel processo in cui Silvio Berlusocni è imputato di concussione e prostituzione minorilenon potrà più essere sentita. Il processo è in fase di discussione, non c’è più spazio per i testimoni. Al massimo potrà essere convocata nel processo-fratello contro Emilio Fede, Nicole Minetti e Lele Mora. Contro i magistrati, quella che all’epoca dei fatti si era spacciata per la nipote di Mubarak continua: “Non c’è la prova che mi prostituissi, l’atteggiamento degli investigatori fu amichevole poi cambiò quando capirono che non avrei accusato Silvio Berlusconi – e digredendo sulla parentela – mi spiace di aver detto altre bugie sulle mie origini, ho giocato di fantasia perché il vecchio passaporto me lo ha permesso. Presentarmi come la nipote di Mubarak mi serviva a costruire una vita parallela, diversa dalla mia. Mi serviva a mostrare un’origine diversa, lontana dalla povertà in cui sono nata e cresciuta e dalla sofferenza che ho patito prima e dopo aver lasciato la mia famiglia in Sicilia”.

Ruby si dichiara “vittima di uno stile investigativo” e di un “metodo fatto di domande incessanti sulla mia’ intimità, le propensioni sessuali, le frequentazioni amorose, senza mai tenere conto del pudore e del disagio che tutto ciò provoca in una ragazza di 17 anni”. È un altro passaggio del testo letto davanti al Tribunale di Milano dalla ragazza, che poi se ne è andata di fretta senza rispondere alle domande dei cronisti che la rincorrevano. “La violenza che più mi ha segnato – ha scritto Ruby – è stata quella di essere vittima di uno stile investigativo fatto di promesse mai mantenute di aiutarmi a trovare una famiglia e di proseguire gli studi”. Di fronte, si legge ancora nel testo, “alla pressione incessante dei magistrati ho ceduto: era più facile dire sì e raccontare storie inverosimili, piuttosto che farmi angosciare o peggio far accettare la verità che avrei voluto raccontare”. E oggi, quindi, ha deciso di “parlare” per rispondere a chi, “magistrati e giornalisti inclusi, mi ritiene una poco di buono”.

La marocchina si è anche commossa e sul suo viso è spuntata qualche lacrima quando ha spiegato di essere stata insultata durante la Messa a Pasqua. “Ho subito un ennesimo episodio di intolleranza – ha chiarito la ragazza davanti a una ressa di telecamere e fotografi, – quando la domenica di Pasqua una persona guardando mia figlia ha detto `spero che non diventi come sua madre’”. E proprio riferendosi a quella bambina, nata da un rapporto fondato sull’amore, Ruby aggiunge: “Voglio che mia figlia sia fiera di sua madre”. La giovane marocchina si è presentata sulla scalinata davanti all’ingresso del tribunale di Milano, in corso di Porta Vittoria, con un cartellone a due facce con la scritta “Caso Ruby: la verità non vi interessa più?” e sull’altro lato “Voglio difendermi dalle bugie e dai pregiudizi”. Cartellone che ha lasciato all’esterno della cancellata del tribunale prima di andarsene, senza rispondere alle domande dei moltissimi cronisti.

Dei giornalisti, infine, ha detto: “Voglio che si sappia che la colpa è di quella stampa che per colpire Silvio Berlusconi ha fatto del male a me. Parlo di quei giornalisti che mi hanno violentato pubblicando le intercettazioni telefoniche che mi riguardavano”. È un passaggio delle sei pagine scritte da Ruby e lette dalla giovane marocchina nel corso della sua protesta davanti al Tribunale di Milano. La ragazza ha spiegato di essere stata “umiliata per troppo tempo” e, ha aggiunto, “se questo è il Palazzo di Giustizia voglio che giustizia sia fatta”.

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