Pd, Bersani si dimette e grida al “tradimento” dopo il flop di Prodi

di Mena Grimaldi

 ROMA. Alla fine ha mollato. Pier Luigi Bersani ha consegnato all’assemblea del Pd le proprie dimissioni da segretario, che saranno esecutive subito dopo l’elezione del presidente della Repubblica. “Per me è troppo, basta così”.

Poche parole quelle del candidato premier del centrosinistra per il quale la vicenda delle quattro votazioni del nuovo capo dello Stato andate a vuoto è “di gravità assoluta”, che ha fatto “saltare meccanismi di responsabilità e solidarietà”.

IL FLOP DI PRODI. A indurlo alla sofferta decisione soprattutto il flop di Romano Prodi come candidato al Quirinale, che alla quarta votazione di venerdì pomeriggio non ha ottenuto il quorum. “Abbiamo preso una persona, Romano Prodi, fondatore dell’Ulivo, ex presidente del consiglio, inviato in Mali e l’abbiamo messo in queste condizioni. Io non posso accettarlo. Io non posso accettare che il mio partito stia impedendo la soluzione. Questo è troppo”, ha detto Bersani in assemblea.

SCHEDA BIANCA. Bersani ha anche annunciato che sabato mattina, al quinto scrutinio, i democratici voteranno scheda bianca. “Faremo un’assemblea – ha detto – e mi auguro che si trovi una proposta con le altre forze politiche. Noi da soli il presidente della Repubblica non lo facciamo”.

“TRADITORI”. Il segretario dimissionario non ha mancato, però, l’occasione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa: “Fra di noi uno su quattro ha tradito”, ha sbottato, riferendosi all’ultimo scrutinio per l’elezione del successore di Napolitano. “Ci sono pulsioni – ha sottolineato – a distruggere il Pd”.

ANCHE BINDI SI DIMETTE. Quella di Bersani era stata anticipata dall’analoga mossa della presidente del partito, Rosi Bindi, che aveva rassegnato le dimissioni, affermando: “Il partito ha dato cattiva prova di sé ma la responsabilità non è mia: non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi”.

IL PDL ESULTA. Alla notizia il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, a Roma per una cena elettorale del candidato sindaco Gianni Alemanno, ha usato l’ironia: “Voglio darvi una notizia che vi farà tornare l’appetito: Bersani si è dimesso”. E ha annunciato: “Se domani ci sarà un candidato idoneo per un governo condiviso daremo il nostro voto, altrimenti faremo come oggi e non parteciperemo alla votazione”.

GRILLO: “LI STIAMO MANDANDO A CASA”. Dal palco di Udine un urlo di gioia si è levato dal pubblico quando Beppe Grillo ha dato la notizia, commentando: “Li stiamo mandando a casa. Inizia la resa dei resa conti e noi li ricordiamo i conti in sospeso”. “Ora – ha aggiunto il leader dei 5 stelle – pensano ad Amato o a D’Alema. Se nominano questi qui, sono finiti. Saranno costretti a votare Rodotà e sarà una svolta epocale”.

IPOTESI CANCELLIERI O GRASSO. Ora, caduta l’ipotesi di eleggere da solo il presidente della Repubblica, e considerata impraticabile la strada dell’accordo con il Pdl, vista l’ostilità di buona parte del partito, l’idea sarebbe quella compattare tutti i partiti, dal Pdl al Movimento 5 Stelle, puntando su un candidato con un profilo istituzionale. In lizza il ministro Annamaria Cancellieri (sponsorizzata da Monti) o il presidente del Senato Pietro Grasso. Esclusa, al momento, la convergenza con i grillini su Stefano Rodotà: su quest’ultimo, infatti, non converge l’ala cattolica del partito nel quale, tra l’altro, molti temono che tale scelta andrebbe a rappresentare una sottomissione al M5S.

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