Caso Orlandi, la svolta: “Sequestrai io Emanuela”

di Mena Grimaldi

 ROMA. Spunta una nuova pista, a distanza di 30 anni, sul giallo della scomparsa della giovane cittadina vaticana, Emanuela Orlandi.

Non si sa ancora se sia l’ennesimo depistaggio o mezze verità, la procura ci va cauta. Fatto sta, che M.F.A., un superteste, è stato ascoltato ben 5 volte in un mese dal procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo e dal pm Simona Maisto.

A questi ultimi avrebbe fatto rivelazioni molto importanti e specifiche sulla sparizione non solo di Emanuela Orlandi, ma anche dell’altra giovane, Mirella Gregori, sparita nel nulla sempre a Roma un mese prima della Orlandi. Il superteste non solo ha rivelato alcuni aspetti della vicenda, ma si è autodenunciato: “Ho sequestrato io Emanuela Orlandi”.

Rivela di essere stato “uno dei principali telefonisti” del sequestro Orlandi e che il fluato, fatto ritrovare recentemente, apparterrebbe proprio ad Emanuela. La giovane fu rapita proprio all’uscita della scuola di musica che frequentava in via Risorgimento. Inoltre, ha raccontato di essere “nucleo di intelligence di cui facevo parte per esercitare pressioni sulla Santa Sede”.

E non basta: quel 22 giugno a corso Rinascimento, dove la quindicenne sparì, lui sarebbe stato “appostato per scattare fotografie alla Bmwsu cui c’era De Pedis”, e nei mesi successivi avrebbe incontrato “moltissime volte Emanuela, che restò a Roma fino al dicembre del 1983”. Sul perché parli proprio ora, dopo 30 anni, l’uomo da motivazioni inerenti una “situazione diversa in Vaticano con Papa Francesco” e la speranza che anche “altre ragazze coinvolte in quello che fu un sequestro bluff inizino a parlare”.

Secondo il superteste, le sparizione delle due ragazze andrebbero spiegate a partire da fine 1981, mesi dopo l’attentato a San Pietro, “quando i servizi segreti dissero ad Agca che se avesse collaborato avrebbe avuto la grazia sia del Papa che del presidente della Repubblica”. In questo schema, ecco dunque il doppio sequestro: Emanuela in quanto cittadina vaticana, Mirella italiana.

Insomma, il sequestro delle due ragazze serviva per ricattare e condizionare la Curia nell’ambito di presunti contrasti tra opposte fazioni vaticane, con foto e intimidazioni su temi caldi come “la gestione dello Ior, la revisione del codice di diritto canonico, i finanziamenti a Solidarnosc, le nomine”. L’uomo racconta che doveva essere un sequestro lampo e che le due giovani dovevano essere rilasciate poco dopo, ma l’annuncio di Papa Wojtila alzò il clamore sulla vicenda e “tutto andò storto”.

“Per entrambe all’inizio fu allontanamento volontario, in quanto creammo una trama di amiche con cui si allontanarono”, dice.Per la Orlandi, davanti al Senato, avrebbe agito “una compagna di scuola, che salì con lei su un’auto assieme a un finto prete”, mentre con la Gregori “successe l’imprevisto: si innamorò di un nostro operatore, andò all’estero e tornò una sola volta a Roma, nel 1994, per incontrare sua madre in un caravan in corso d’Italia”.

Racconta che la Orlandi non subì violenze e visse a Roma fino al dicembre dell’83. Poi, avrebbe detto l’uomo ai magistrati, “il gruppo la trasferì all’estero, nei sobborghi di Parigi, dove potrebbe essere ancora viva, così come Mirella, ma non so dove”.

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