Bersani: “No a governissimo”. E si dice pronto a farsi da parte

di Redazione

Pier Luigi Bersani ROMA. Dopo le aperture dei giorni scorsi di Dario Franceschini e di altri esponenti del Pd a un possibile accordo per un governo con il Pdl, dal segretario Pier Luigi Bersani arriva, tramite una lettera inviata a La Repubblica, una chiusura sull’ipotesi del cosiddetto governissimo.

“Ci vuole un governo, certamente” scrive al quotidiano romano Bersani, “ma un governo che possa agire univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico”.

Ma Bersani rifiuta nel suo messaggio anche l’idea di tenere imbrigliato il Pd nelle sue ambizioni personali. Rispondendo a una battuta di Eugenio Scalfari sulla tenacia con cui porta avanti la sua candidatura, il segretario del Pd scrive che non intende “certo essere di intralcio. Esistono altre proposte che, in un Paese in tumulto, non contraddicano l’esigenza di cambiamento e che prescindano dalla mia persona? Nessun problema a sostenerla”. Intanto, mentre il segretario cerca di ricompattare il partito, il Pd ha annunciato una manifestazione di piazza per sabato 13 aprile “contro la povertà”.

La lettera a Repubblica:

Caro direttore,
nell’
articolo domenicale di Eugenio Scalfari, insieme con tante considerazioni che mi trovano d’accordo, c’è un passaggio che mi offre l’occasione di una precisazione. Scalfari scrive: “Non condivido la tenacia con cui Bersani ripropone la sua candidatura”. L’osservazione è inserita, al solito, in un contesto amichevole e rispettoso di cui ringrazio Scalfari.

Devo registrare tuttavia che una valutazione simile si fa sentire anche in contesti ben meno amichevoli. Nelle critiche aggressive e talvolta oltraggiose di questi giorni, nelle inesauribili e stupefacenti dietrologie, e perfino nelle analisi psicologiche di chi si è avventurosamente inoltrato nei miei stati d’animo, non è mai mancata la denuncia verso una sorta di puntiglio bersaniano. Ecco dunque l’occasione per precisare.

La proposta che ho avanzato assieme al mio partito (governo cambiamento, convenzione per le riforme) non è proprietà di Bersani. Ripeto quello che ho sempre detto: io ci sono, se sono utile. Non intendo certo essere di intralcio. Esistono altre proposte che, in un Paese in tumulto, non contraddicano l’esigenza di cambiamento e che prescindano dalla mia persona? Nessuna difficoltà a sostenerle! Me lo si lasci dire: per chi crede nella dignità della politica e conserva un minimo di autostima, queste sono ovvietà! È forse meno ovvio ribadire una mia convinzione profonda, cui farei fatica a rinunciare.

Il nostro Paese è davvero nei guai. Si moltiplicano le condizioni di disagio estremo e si aggrava una radicale caduta di fiducia. Ci vuole un governo, certamente. Ma un governo che possa agire univocamente, che possa rischiare qualcosa, che possa farsi percepire nella dimensione reale, nella vita comune dei cittadini. Non un governo che viva di equilibrismi, di precarie composizioni di forze contrastanti, di un cabotaggio giocato solo nel circuito politico-mediatico. In questo caso, predisporremmo solo il calendario di giorni peggiori.

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