Riciclaggio di capitali al Nord: 24 arresti contro clan dei casalesi

di Redazione

24 persone, ritenute affiliate al clan dei casalesi, sono state arrestate dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli che ha individuato un canale di reimpiego dei capitali illecitamente percepiti attraverso operazioni finanziarie con società di capitali nello stato di San Marino. – continua sotto – 

L’operazione, denominata “Titano”, ha ricostruito, inoltre, le manovre del clan per la creazione di una struttura satellite operativa nelle Marche ed in Emilia Romagna per la gestione degli affari illeciti su quei territori. Sequestrati beni mobili ed immobili per un valore di 2 milioni di euro, tra cui una Ferrari modello Scaglietti.

LE INDAGINI. Le indagini, avviate nell’ottobre 2010, hanno permesso di individuare il canale di reimpiego dei capitali illecitamente percepiti dal clan attraverso operazioni finanziarie con società di capitali nella Repubblica di San marino, nonché di ricostruire le manovre del sodalizio tese alla creazione di una struttura satellite operativa nell’Emilia Romagna per la gestione degli affari illeciti su quei territori. Infatti, è stata accertata la continua azione ed opera di alcuni affiliati alla fazione Schiavone del clan dei casalesi per l’investimento, nelle Marche e in Emilia Romagna (in particolare nei centri di Fano, Pesaro, Riccione, Rimini e nella Repubblica si San Marino) di ingenti capitali provenienti da attività illecite. Alle operazioni di riciclaggio hanno concorso molti elementi del clan anche attraverso la vendita di immobili di autovetture fuoriserie ed il versamento di somme di denaro in contanti.

IL RICICLAGGIO DI CAPITALI. I capitali raccolti, così come accertato dagli inquirenti, venivano reinvestiti nella società “Fincapital Spa” di San Marino, amministrata da professionisti residenti nella repubblica del Titano. Il sistema di reinvestimento dei capitali del clan si arricchiva della collaborazione di soggetti emiliani e marchigiani che, condividendo il ruolo di tramite nelle attività di reimpiego dei casalesi, mettevano a disposizione le loro conoscenze personali sul territorio, essendo gli stessi radicati nelle zone del Nord Italia, per attività formalmente lecite, oltre che per quelle illecite, come estorsioni e spaccio di stupefacenti. Uno di loro, secondo gli investigatori, aveva il compito di mediare tra il clan dei casalesi e quello napoletano degli “acerrani”, favorendo le reciproche alleanze, oltre a verificare la redditività degli investimenti nelle Marche e a San Marino. Un altro, “faccendiere” delle Marche e operante nelle regioni del centro Italia, sarebbe stato, invece, il garante degli interessi della famiglia Schiavone. – continua sotto – 

In tale contesto, sottolineano gli investigatori, è stato accertato, per la prima volta, il ruolo di Carmine Schiavone, figlio del capocosca Francesco “Sandokan”, al vertice del clan dei casalesi, a seguito dell’arresto del fratello Nicola. Infatti, Carmine Schiavone, arrestato ad Aversa lo scorso 21 gennaio, avrebbe fornito, in prima persona, direttive finalizzate a curare gli investimenti a San Marino insieme ad altri presunti affiliati che avrebbero avuto piena autonomia nella gestione degli affari illeciti del clan dei casalesi nella zona a cavallo tra l’Emilia Romagna, le Marche e San Marino, avendo creato una struttura operativa parallela a quella dell’agro aversano.

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