Camorra a Teverola: ridotte pene a Di Martino e company

di Redazione

 TEVEROLA. La settima sezione della Corte di Appello di Napoli ha ridotto le pene inflitte in primo grado a Nicola Di Martino, Eduardo Rega, Giuseppe Pommella.

I tre imputati, tutti di Teverola e Casaluce, furono arrestati per una serie di estorsione a seguito di un fermo disposto dalla Dda a ferragosto del 2011. Gli arrestati, secondo le indagini agivano quali persone legate al gruppo Schiavone del clan dei Casalesi e responsabili di numerose estorsioni ed attentati dinamitardi nei confronti imprenditori e commercianti dell’agro aversano.

Tra gli arrestati figurava colui il quale era ritenuto capozona del clan sul territorio di Teverola e Carinaro, Nicola Di Martino, 43 anni, di Teverola, alias “Nicola 23”, Eduardo Rega, 28 anni, di Teverola, Giuseppe Pommella, 57 anni, di Casaluce. In primo grado, a seguito di giudizio abbreviato, Di Martino fu condannato dal Gup del Tribunale di Napoli ad anni 7 e mesi 4, Rega a 6 anni, mentre Pommella a 4 anni e 6 mesi.

La Corte di Appello ha accolto le richieste della difesa, di rideterminazione della pena. Per cui Di Martino, assistito dagli avvocati Emilio Martino e Mariangela Maietta, è stato condannato alle pena finale di anni 5 e mesi 9 e 10 giorni, Pomella, difeso dall’avvocato Enzo Guida, è stato condannato ad anni 2 mesi 11 e 10 giorni, Rega, difeso dall’avvocato Giovanni Cantelli, ad anni 5. Di Martino e Pommella erano già stati arrestati per la loro appartenenza al clan Picca di Teverola.

Pommella era uscito dal carcere nel 2003, mentre Di Martino nel 2008 dopo aver scontato una condanna per estorsione aggravata e associazione a delinquere di stampo mafioso. Di Martino, una volta libero, aveva preso il posto del boss Picca e, riferiscono gli inquirenti, pretendeva per le festività (Natale, Pasqua, Ferragosto) l’importo secco di 1500 euro a testa fra i commercianti della zona, senza alcuna distinzione.

Il procedimento che si è concluso in appello, oltre a basarsi sulle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, aveva avuto l’apporto fondamentale anche di alcune persone offese vittime del reato.

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