Trattativa Stato-mafia, rinviati a giudizio Ciancimino, Dell’Utri e Mancino

di Mena Grimaldi

 PALERMO. Sono dieci le persone rinviate a giudizio dal Gup di Palermo, Piergiorgio Morosini, nell’ambito del processo sulle trattative tra Stato e mafia avvenute dal 1992 in poi.

I mafiosi, dunque, trattarono con i rappresentanti delle Istituzioni. Tra le persone rinviate a giudizio figurano l’ex ministro Nicola Mancino, del senatore Marcello Dell’Utri, dei generali dei carabinieri Mario Mori e Antonio Subrani, e dell’ex colonnello Giuseppe De Donno.

Con loro, alla sbarra degli imputati, i mafiosi Salvatore Riina, Leoluca Bagarella, Antonino Cinà, Giovanni Brusca (collaboratore di giustizia) e Massimo Ciancimino – il figlio dell’ex sindaco di Palermo – che nel 2008 rivelò la presunta trattativa. L’inchiesta, durata circa quattro anni, ha visto il coinvolgimento, non solo di natura penale, di numerosi vertici delle istituzioni.

L’ipotesi del pool di magistrati, Nino Di Matteo, Lia Sava, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, è che tra il 1992-93 ci sarebbe stata una trattativa fra Stato e capimafia per frenare la stagione delle stragi. Dalle indagini sarebbe emerso un ruolo cardine dell’ex ministro Calogero Mannino (sarà giudicato col rito abbreviato), il quale avrebbe avviato la trattativa con Cosa nostra già nei primi mesi del 1992, per il timore – è la ricostruzione dell’accusa – di essere vittima di un attentato.

Di questo ne avrebbe parlato con i vertici dei carabinieri del Reparto operativo speciale (Ros), il generale De Donno e l’ex colonnello Mori, che avrebbero avviato una trattativa con la mafia tramite l’ex sindaco Vito Ciancimino.

Dell’Utri è accusato di aver fatto di mediatore, mentre Ciancimino è accusato di calunnia nei confronti dell’ex capo di Polizia Gianni De Gennaro.

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