Turbativa d’asta, Cassazione annulla ordinanza contro Fabozzi

di Redazione

 VILLA LITERNO. Nessun indizio di colpevolezza e dichiarazioni dei pentiti inattendibili e prive di qualsiasi riscontro oggettivo.

Questa la sentenza della Cassazione che ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare per presunta turbativa d’asta a carico di Enrico Fabozzi, ex sindaco di Villa Literno, ora consigliere regionale. Le motivazioni sono state depositate lo scorso 11 febbraio. I giudici della Suprema Corte, quinta sezione penale, hanno accolto in toto il ricorso presentato dagli avvocati Umberto Del Basso De Caro e Mario Griffo.

L’ordinanza, emessa dal Tribunale di Napoli il 29 novembre 2011, riguardava l’espletamento della gara di appalto, per un importo di circa 13 milioni di euro, per i lavori di riqualificazione urbana ai tempi in cui Fabozzi era sindaco di Villa Literno. Accogliendo i rilievi dei legali del consigliere regionale, la Cassazione ha sentenziato che la gara fu svolta nel pieno rispetto delle normative vigenti, in quanto “ispirata alla selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006 e del decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999”. La Suprema Corte ha smontato l’intero impianto accusatorio per l’assoluta mancanza di indizi di colpevolezza a carico di Fabozzi.

“Si registra – scrivono i giudici – una evidente contraddittorietà nella motivazione dell’ordinanza, che da un lato sembra dare per scontato che la gara sarebbe stata condizionata dall’intervento del clan camorristico, onde favorire l’aggiudicazione dei lavori a soggetti graditi all’associazione, ma dall’altro non sa indicare quale sarebbe stato il meccanismo dell’alterazione”.

Secondo la Cassazione, quindi, l’accusa a Fabozzi di aver “pilotato” la gara è infondata non essendo suffragata da nessuna prova. In riferimento alle intercettazioni telefoniche nelle quali l’allora sindaco di Villa Literno manifestava – recita un passo della sentenza – soddisfazione per “aver fatto le cose per bene” (che secondo il Tribunale dimostrerebbero la manipolazione della gara), i giudici della Cassazione rilevano che tale espressione “ben poteva intendersi come presa d’atto della confermata legittimità dell’iter che l’amministrazione comunale aveva inteso seguire”.

La Suprema Corte ha ritenuto, con altrettanta risolutezza, prive di qualsiasi riscontro oggettivo le dichiarazioni dei pentiti. “Ai fini di una corretta valutazione della chiamata in correità – si legge nella sentenza – il giudice deve risolvere il problema della credibilità del dichiarante, verificare la consistenza delle sue dichiarazioni e deve procedere all’esame dei riscontri cosiddetti esterni”.

In base a queste valutazioni – sottolineano i giudici della Cassazione, che anche su questo punto hanno accolto i rilievi dei legali di Fabozzi – non è emersa alcuna prova a carico dell’ex sindaco di Villa Literno. I pentiti, infatti, hanno fornito solo dichiarazioni generiche su presunte irregolarità nello svolgimento della gara, ma hanno loro stessi ammesso di non avere elementi per dimostrare in che modo l’affidamento dei lavori sarebbe stato “pilotato” per favorire una delle fazioni del clan. Il 26 aprile 2012 la Cassazione annullò, anche in quel caso con motivazioni forti, un’altra ordinanza di custodia cautelare emessa a carico di Fabozzi per presunti reati di concorso esterno in associazione camorristica, corruzione e voto di scambio.

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