Tangenti, 4 anni a Fitto per corruzione e finanziamento illecito

di Redazione

Raffaele FittoBARI. Una tangente di 500mila euro per un appalto da 198 milioni: è per questo presunto episodio di corruzione che è stato condannato a quattro anni di reclusione l’ex ministro agli Affari regionali Raffaele Fitto, parlamentare del Pdl.

L’ex presidente della Regione Puglia, oggi capolista alla Camera in Puglia nelle liste del Pdl, è stato riconosciuto colpevole anche di illecito finanziamento ai partiti e per un episodio di abuso d’ufficio.

È stato invece assolto dall’accusa di peculato e da un’altra contestazione di abuso d’ufficio. Il tribunale ha invece disposto la restituzione degli atti al pm Renato Nitti per un altro episodio di corruzione. Fitto, presente in aula al momento della lettura della sentenza, attorno a mezzanotte e mezza, ha lasciato il tribunale di Bari senza rilasciare dichiarazioni, ma ha annunciato una conferenza stampa per mercoledì 13.

L’ex ministro è uno dei 30 imputati (ci sono anche 10 società, quasi tutte del gruppo Angelucci), 13 dei quali sono stati condannati a pene comprese tra un anno e quattro anni e sei mesi di reclusione. Tra i nomi noti spicca quello di Giampaolo Angelucci, il re delle cliniche romane, editore e immobiliarista al quale i giudici hanno inflitto la pena di tre anni e sei mesi per corruzione e illecito finanziamento ai partiti.

I fatti contestati si riferiscono al periodo 1999-2005, quando Fitto era presidente della Regione Puglia, e riguardano l’esistenza di un presunto accordo illecito finalizzato ad assicurare alla società Fiorita le concessioni di servizi di pulizia, sanificazione ed ausiliariato da parte di enti pubblici e di Asl pugliesi, e l’affidamento di un appalto da 198 milioni di euro per sette anni a una società di Angelucci per la gestione di 11 Residenze sanitarie assistite (Rsa). Per vincere questo appalto – secondo l’accusa – Angelucci versò al movimento politico creato da Fitto per le regionali dell’aprile 2005, La Puglia prima di tutto, una tangente di 500.000 euro. Da qui anche l’accusa di illecito finanziamento ai partiti.

Per questi fatti Angelucci, il 20 giugno 2006, fu posto agli arresti domiciliari per alcuni giorni; per Fitto, essendo frattanto divenuto parlamentare di Forza Italia, la magistratura barese chiese alla Camera l’autorizzazione a procedere all’arresto, richiesta che fu negata dall’Aula di Montecitorio.

Gli altri reati contestati a Fitto sono il peculato (dal quale è stato assolto) per aver stanziato «per finalità private» 189.700 euro del fondo di rappresentanza del presidente della giunta regionale a favore di soggetti elencati in due determine dirigenziali; i due episodi di abuso d’ufficio fanno invece riferimento il primo (per il quale è stato assolto) alla proroga per 12 mesi di un appalto da 556.000 euro alla Asl di Lecce, il secondo (per il quale è stato condannato) al finanziamento di circa 30 milioni agli oratori cattolici.

L’altro episodio di corruzione, per il quale i giudicihanno restituito per una nuova valutazione dei fatti gli atti alla procura, è contestato a Fitto in concorso con Paolo Pagliaro (candidato nelle liste del Mir alla Camera), editore dell’emittente pugliese Telerama, che in cambio dell’appoggio elettorale al presidente Fitto avrebbe ricevuto un appalto pubblicitario dalla Seap, la società pubblica che gestisce gli aeroporti pugliesi (ora Aeroporti di Puglia).

Fitto e Angelucci sono stati anche interdetti per cinque anni dai pubblici uffici. Al gruppo Tosinvest della famiglia Angelucci sono stati confiscati beni per oltre 6 milioni di euro. Sanzioni pecunarie sono state disposte anche per le società del gruppo Angelucci, accusate di aver avuto un ruolo nella vicenda del pagamento della presunta tangente da 500mila euro: il Consorzio San Raffaele dovrà versare 210mila euro, 26mila ciascuna le altre sette società.

Sono stati condonati, per effetto dell’indulto, tre dei quattro anni di reclusione inflitti dal Tribunale di Bari all’ex ministro Raffaele Fitto per presunti illeciti in appalti. Lo si è appreso solo nella tarda mattinata quando il dispositivo della sentenza è stato messo a disposizione delle parti. Tra le pene accessorie che i giudici della seconda sezione penale hanno disposto nei confronti di Fitto, oltre l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, anche l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di un anno.

Nei confronti dell’ex ministro, all’epoca dei fatti contestati presidente della Regione Puglia, à stata anche disposta la confisca dei beni in sequestro del valore di 500 mila euro, pari alla tangente. Fitto è stato condannato, inoltre, al risarcimento dei danni nei confronti della Regione Puglia, parte civile nel procedimento, da quantificarsi in sede civile.

“Da oggi si è aperta in maniera ufficiale una azione da parte della magistratura barese che è entrata a piedi uniti in questa campagna elettorale”,ha detto l’ex ministro incontrando i giornalisti. “Non c’era nessun bisogno – ha aggiunto Fitto – di fare questa sentenza oggi”. “Perchè – ha chiesto – non è stata fatta il 28 di febbraio? Non c’è nessuna ragione logica”. “C’è solo – ha insistito il pidiellino – la volontà precisa di un collegio che ha compiuto una scelta politica precisa, che è quella di dare una indicazione a questa campagna elettorale”.

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