Teatro Lendi, successo per le Fabulae Atellanae

di Redazione

 SANT’ARPINO. Successo sorprendente martedì sera al Teatro Lendi per la rappresentazione delle fabulae atellanae.

L’iniziativa, che si inserisce nel ricchissimo calendario della quarta edizione del Carnevale Atellano, è stata ideata e realizzata dal Comitato Permanente del Carnevale Atellano in collaborazione con l’associazione culturale “Primavera Santarpinese” con il patrocinio dell’amministrazione comunale retta dal sindaco Eugenio Di Santo, assessorato alla cultura retto da Giuseppe Lettera. A rappresentare l’amministrazione comunale sul palcoscenico il presidente del consiglio comunale Antonio Guarino. Un sala stracolma ha assistito divertita e entusiasmata alla rivisitazione delle origini e della storia delle maschere e delle rappresentazioni tipiche dell’antico teatro atellano.

All’alzarsi del sipario le prime ad esibirsi sono state le majorettes con le coreografie di Teresa Pezzella insieme al gruppo dei Tamburini di Andrea Carboni. Poi è stata la volta del ballo intitolato “Lo spettacolo dei folli” tratto dallo spettacolo “Il gobbo di Notre Dame” di Cocciante interpretato dal gruppo di ballerini guidati da Carmela Belardo.

A seguire il monologo recitato da Silvano Battimiello “Canto di Bacco e Arianna”, un canto poetico carnascialesco di Lorenzo il Magnifico. Momento centrale della serata è stata la rappresentazione del “De superstizione (ovvero perché facciamo le corna)”, la fabula atellana in un unico atto che narra la storia di Maccus come erede diseredato. In scena ad impersonare i protagonisti gli attori della compagnia teatrale i “SudAtella” di Susy Ronga.

E a chiudere lo spettacolo la macchietta napoletana interpretata da Gianni Aversano accompagnato dalle musiche del mandolinista Nando Piscopo. L’intero spettacolo è stato presentato da Carmen Altruda e Maria Cinquegrana, coordinato dal vicepresidente del comitato Giuseppe Benincaso con le luci e l’audio di All Music di Enzo Carboni. Le acconciature e il trucco di The Cut di Francesco Falace e gli abiti dell’atelier di Daniela Mascia.

“Un’edizione ricchissima e speciale quella di quest’anno – dichiarano entusiasti il presidente del comitato Virginio Guida e il vicepresidente Giuseppe Benincaso – E’ stato davvero gratificante vedere la sala del teatro Lendi piena perché prova del fatto che il nostro lavoro viene apprezzato e che riportare in vita le tradizioni della nostra terra è fondamentale per tutti. Abbiamo dato vita ad uno spettacolo che attraverso il canto, il ballo e la recitazione ha rievocato le atmosfere dell’Antica Atella. Ringraziamo il sindaco Eugenio Di Santo, l’assessore Giuseppe Lettera e l’intera amministrazione comunale per il supporto indispensabile che non ci hanno mai fatto mancare e l’intero staff del comitato per il lavoro svolto fino ad ora”.

Il prossimo appuntamento sarà sabato mattina alle ore 10.30 in piazza Umberto I con il tradizionale Carnevale dei Ragazzi che vedrà protagonisti tutti i bambini delle scuole atellane.

SULLA RAPPRESENTAZIONE TEATRALE “DE SUPERSTITIONE”
La rappresentazione dell’Atto Unico dal titolo “ DE SUPERSTITIONE: ovvero… perché facciamo le corna “, tratto da un racconto di Elio Ramot, costituisce un evento storico che merita di essere adeguatamente evidenziato nel panorama culturale atellano, in quanto si inserisce pienamente in quel genere che si richiama allo stile e alle caratteristiche che probabilmente avevano le antiche Fabulae Atellanae di cui, tuttavia, non ci sono pervenuti testi completi, se non qualche frammento e titoli tramandatici da vari storici.

L’operazione culturale realizzata dal Comitato Permanente del Carnevale Atellano di voler proporre uno spettacolo originale, con testi inediti e ambientato nell’antica Roma, che si ricollega idealmente e pienamente con quelle proposte sceniche di stampo popolare, originatesi nell’antica città di Atella, e, per questo, definite Fabulae Atellanae, costituisce un’indubbia pietra miliare in quel percorso di crescita finalizzato al riscatto morale, civile ed economico del territorio atellano, attraverso il recupero della tradizione più nobile, quale è il teatro.

Un’operazione che, tuttavia, si presentava non priva di rischi, e molto coraggio, bisogna riconoscere, ha avuto il Comitato nel voler proporre un testo di non immediata presa sul pubblico e di non facile rappresentazione scenica. Infatti, il genere richiedeva una recitazione diversa e ritmi e tonalità di non facile percezione da parte di un pubblico abituato a spettacoli teatrali più leggeri, a testi di scarse pretese, proposte da compagnie teatrali amatoriali.

Da questo punto di vista decisiva è stata la collaborazione del gruppo teatrale “I SudAtella” di Susy Ronga, il quale, pur costituito da attori dilettanti, dotati, però, di una buona esperienza di palcoscenico, ha fatto proprio il testo e, attraverso una regia collettiva, ha conferito sostanza alle scene e spiccatapersonalità ai vari personaggi, nel più puro spirito delle Fabuale Atellanae e della Commedia dell’Arte.

Da questa operazione di costruzione scenica sono venuti fuori i personaggi: della Matrona Lucilia (Francesca Dell’Aversana), zia di Maccus e ricca vedova, afflitta dalla superstizione e continuamente alla ricerca di ardenti giovanotti; Maccus (Salvatore Esposito), che, in un impeto di orgoglio, indispettisce la zia e viene diseredato, perdendo tutto, come al solito; Cicero Bucco (Umberto Rennella), narratore della Fabula ed intrigante confabulatore; Magister Dossennus (Luca Iorio), famoso iureconsulto, che, pur recitando in latino, fornirà la soluzione contro gli influssi malefici; Bona Puella (Marianna Russo), interprete, traslatio, di Magister, da latino in italico; Dea ex Machina (Angela Bottigliero), voce fuori campo, fornirà la soluzione del traslatio.

Pertanto, l’Atto Unico “DE SUPERSTITIONE: ovvero … perché facciamo le corna” può, a buon diritto, annoverarsi storicamente nel genere delle Fabulae Atellanae e, sicuramente, incontrerebbe i favori e gli apprezzamenti degli antichi autori di fabulae quali Nevio e Pomponio, lo stesso Plauto, commediografo latino molto vicino alle Fabuale (non a caso aveva nel suo trinomia il nome Maccus, Titus Maccus Plautus), riconoscerebbe nei dialoghi e nel ritmo le caratteristiche delle sue commedie.

Per concludere, potremmo, quindi, dire che con DE SUPERSTITIONE, affianco agli antichi Maccus Miles (soldato), Maccus Copo (tavernaio), Maccus exul (esule) ecc. ecc. … potremmo, per merito del Comitato Permanente del Carnevale Atellano, annoverare anche un … MACCUS … EREDE DISEREDATO.
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