Caso “Aurora”, Piscitelli si rivolge alla Corte dei conti

di Redazione

Enzo PiscitelliRECALE. Sull’annosa questione della cooperativa “Aurora” di Recale il consigliere comunale dell’Udc Enzo Piscitelli non se l’è sentita di rimanere con le mani in mano.

Da sempre vicino alle ragioni delle 62 famiglie che abitano negli edifici di via Savoia e via Toti, ha depositato un esposto alla Corte dei conti. «Ho chiesto ai giudici di via Piedigrotta – dichiara – se esistono a carico delle amministrazioni comunali che si sono susseguite nel tempo responsabilità per danno erariale, ancorché non ancora manifestatosi concretamente, nonché di verificare le condizioni di equilibrio economico-finanziario del Comune».

Piscitelli ha anche invitato, formalmente, il sindaco Patrizia Vestini a valutare l’opportunità di richiedere un nuovo parere legale: «Forse – argomenta -, la mia è una speranza, un avvocato non immerso nelle traversie giudiziarie di questi anni, che quindi non ha opinioni ormai stratificate sul caso, potrebbe offrire elementi utili all’esecutivo per risolvere il problema o, quantomeno, fornire un quadro lucido della vicenda, in ordine, ad esempio, alle ripercussioni sul piano individuale e amministrativo che potrebbero scaturire, qualora permanesse la fase di stallo».

Di una cosa, però, Piscitelli è convinto, la vertenza “Aurora” va chiusa, e il prima possibile. «In campagna elettorale – rivela – ho assunto un impegno morale nei confronti di quelle famiglie e farò tutto ciò che è nelle mie possibilità, come cittadino, professionista e consigliere comunale, per non tradirne la fiducia».

Per la cronaca, la Corte di cassazione, nel 2010, ha dichiarato il Comune e la cooperativa responsabili in solido dell’illegittima occupazione di un’area di proprietà dell’Istituto diocesano per il sostentamento del clero: due lotti di circa 16mila metri quadrati, tra via Savoia e via Toti, sui quali, negli anni Ottanta e Novanta, sono stati realizzati alloggi di edilizia popolare. Quell’occupazione ha generato un debito, che lo scaricabarile delle varie amministrazioni ha fatto lievitare a oltre 2 milioni di euro. Oggi, l’ente religioso, pur di porre la parola fine a questa storia, ne pretende solo un milione e 848mila.

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