Italia dice si’ a Palestina come “Stato osservatore”. Israele: “Siamo delusi”

di Redazione

 ROMA. I palestinesi si apprestano a vivere una giornata memorabile. Al Palazzo di Vetro di New York la maggioranza della comunità internazionale dirà sì alla Palestina come “Stato osservatore”.

Ciò apriràla strada al riconoscimento della Palestina come Stato e come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite. Che si tratti di un riconoscimento simbolico o di una decisione di sostanza, sarà sicuramente una grande vittoria diplomatica per Abu Mazen, che finalmente ottiene quello che con tutte le sue forze ha perseguito fin dall’inizio del suo incarico alla guida dell’Anp.

“L’Italia – si legge in una nota di palazzo Chigi – ha deciso di dare il proprio sostegno alla risoluzione che attribuisce alla Palestina lo status di Stato non membro osservatore permanente all’Assemblea generale delle Nazioni unite, in occasione della votazione all’Assemblea generale delle Nazioni unite”. Monti ha poi “manifestato la convinzione che l’assetto finale si possa basare sul principio dei due Stati per due popoli, con lo Stato palestinese che sia patria del popolo palestinese, e lo Stato d’Israele come Stato ebraico, riconoscendone la legittima aspirazione quale patria del popolo ebraico”.

La decisione dell’Italia di sostenere la richiesta palestinese all’Onu “non implica nessun allontanamento dalla forte e tradizionale amicizia nei confronti di Israele”, ha poi sottolineato il premier in una telefonata a Netanyahu garantendo “il forte impegno a evitare qualsiasi strumentalizzazione” contro Israele.

“La decisione dell’Italia di votare a favore per la nascita della Palestina come “Stato non membro” all’Onu – dice il rappresentante dell’Anp a Roma, Sabri Ateyeh – riflette lo spirito del Paese per la libertà e il rispetto dei diritti umani e testimonia la vicinanza dell’Italia, da sempre, al processo di pace in Medio Oriente”.

“Siamo molto delusi dalla decisione dell’Italia – uno dei migliori amici di Israele – di sostenere l’iniziativa unilaterale dei Palestinesi alle Nazioni Unite”: è stata questa, a caldo, la reazione dell’ambasciatore israeliano a Roma all’annuncio del sì italiano. “Tale iniziativa – dice l’ambasciatore Naor Gilon – indebolisce le relazioni tra israeliani e palestinesi fondate sugli Accordi di Oslo. Dopo quattro anni in cui i palestinesi hanno rifiutato di tornare al tavolo negoziale, assistiamo ora al tentativo palestinese di influenzare i risultati dei negoziati stessi per mezzo di istituzioni internazionali. Questa mossa, non soltanto non migliorerà la situazione sul terreno, ma aumenterà le preoccupazioni di un ritorno alla violenza e, soprattutto, allontanerà le prospettive di pace”.

La Germania invece si asterrà dal voto della risoluzione. Lo ha annunciato, a poche ore dal voto dell’Assemblea generale, il ministro degli esteri Guido Westerwelle.

“Con il voto odierno all’Onu la pace si allontana – ha detto Zvi Hauser, segretario del governo israeliano, a radio Gerusalemme – La pace può essere raggiunta solo con negoziati diretti e non con mosse unilaterali: la richiesta palestinese è una violazione sostanziale degli accordi di Oslo (del 1993, fra Israele e Olp). Se i palestinesi rompono le regole il governo israeliano si sente autorizzato a prendere i provvedimenti necessari per difendere i propri interessi”. Ma il premier israeliano Benyamin Netanyahu avverte che il voto all’Onu sulla Palestina “non cambierà alcunchè sul terreno”. Quel voto, ha aggiunto, “non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà”.

Comunque “la mano di Israele resta tesa verso la pace”, ha assicurato. “Non sarà costituito uno Stato palestinese – ha continuato Netanyahu – senza il riconoscimento di Israele come Stato del popolo ebraico; non sarà costituito uno Stato palestinese senza la proclamazione della fine del conflitto; non sarà costituito uno Stato palestinese senza provvedimenti di sicurezza reali che difendano lo Stato di Israele e i suoi abitanti. Di tutto ciò non c’è menzione nella risoluzione sottoposta alla Assemblea Generale dell’Onu e questa è solo una delle ragioni per cui ci opponiamo”.

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