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CASAL DI PRINCIPE. Nella serata di giovedì, la squadra Mobile di Casal di Principe, diretta dal vicequestore Alessandro Tocco, ha tratto in arresto Eliseo Schiavone, in esecuzione ad un ordine di esecuzione di carcerazione: deve espiare la pena di cinque anni di reclusione.
Luomo (di Vincenzo, detto O Petillo, 34 anni, elemento di primo piano del clan in atto detenuto per la commissione di gravi ed efferati delitti) è stato ritenuto contiguo al clan dei casalesi, come si evince da uno stralcio della sentenza Spartacus:
E che tale attività sia stata compiuta risulta al di là delle concordi dichiarazioni anche da alcune verifiche obiettive compiute nel corso del dibattimento (perizia DArienzo, in atti), che hanno confermato lalterazione (mediante inserimento di una lima allinterno della canna) di almeno due armi sequestrate nel 1989 (a Russo Giuseppe) e nel 1991 (durante il conflitto a fuoco del 28 aprile in Frignano). Dunque la convergenza degli apporti narrativi, unita alla constatazione obiettiva delle alterazioni, porta a ritenere effettivo il compito attribuito allimputato.
Inoltre, va ricordato che Schiavone Eliseo è anche pacificamente il soggetto che pone a disposizione del gruppo criminoso lutenza telefonica fissa (installata presso la sua abitazione) che consente a Schiavone Francesco di Nicola di mantenere i contatti con il cugino Carmine, il fratello Walter e gli altri affiliati durante la sua latitanza in Francia dal 2 maggio al 22 maggio del 1989 (si vedano le trascrizioni in atti, più volte richiamate nel corso della motivazione e la deposizione del dottor De Stefano che coordinò le indagini).
Non vi è dubbio circa la piena consapevolezza, in capo a Schiavone Eliseo, della qualità di latitante che Schiavone Francesco di Nicola rivestiva allepoca. Infatti, al di là dei contenuti delle conversazioni, che evidenziano il ricorso a metodi di nascondimento della reale identità del chiamante, va ricordato che Schiavone Eliseo, così come Natale Giuseppe, si era recato a Millery e venne anchegli identificato subito dopo larresto di Schiavone Francesco e Caterino Giuseppe.
Come risulta dalla deposizione del teste Porcelli Bruno
Teste: “Sì, lo Schiavone Francesco aveva la carta di identità intestata ad Arrichiello Raffaele, mentre il Caterino Giuseppe era in possesso sia della carta di identità che della patente di guida intestata a Cerullo Giovanni.. In quella località, la sera stessa dell’intervento, quindi del fermo di Schiavone Francesco, facemmo un altro tipo di intervento nella serata: fu fermato il fratello di Schiavone Francesco, un cognato ed un cugino mi sembra, che stavano andando a Millerì dove fu fermato lo Schiavone”.
Pubblico ministero: “Può riferire il nome del fratello e delle altre persone che si stavano portando…?”. Teste: “Posso leggere? E’ a mia firma”. Pm: “Sì, prego”. Teste: “Schiavone Antonio, nato a Casal di Principe il 23/10/62, è il fratello di Schiavone Francesco; Natale Giuseppe, nato a Casal di Principe il 5/6/59, è il cognato di Schiavone Francesco; Schiavone Eliseo, nato a Casal di Principe il 25/9/49, è il cugino di Schiavone Francesco”.
Pm: “E dove li rintracciaste costoro?”. Teste: “Ci fu una segnalazione. Mentre noi ci trovavamo negli uffici di Polizia francese, ci fu una segnalazione – non so da parte di chi – che disse ai francesi che nei pressi dell’abitazione dove era stato localizzato Schiavone Francesco vi erano queste persone ed i francesi chiesero anche il nostro ausilio in quanto erano italiani, così ci riferirono all’epoca, e noi andammo lì a dare un aiuto…”.
Dunque, i costanti riferimenti narrativi al ruolo svolto, la circostanza della disponibilità dellabitazione e della linea telefonica, lidentificazione in Francia del 22 maggio 1989, sono tutte circostanze indicative della continuità del contributo offerto dallimputato alla associazione camorristica.
Va pertanto affermata la penale responsabilità di Schiavone Eliseo in riferimento al reato contestato al capo numero 1 del decreto di rinvio a giudizio.
Quanto alla commisurazione della pena, si osserva che il lungo periodo di consumazione e la particolare pericolosità della organizzazione cui accede la condotta, sono fattori che conducono al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Pertanto, valutati i criteri tutti di cui allart.133 c.p. e ritenuta sussistente la circostanza aggravante di cui allart.416 bis co.4, appare equo irrogare al presente imputato, in riferimento al capo 1 così come contestato -, la pena di anni cinque di reclusione.
Alla predetta statuizione consegue linterdizione perpetua dai pubblici uffici per (pena accessoria) e la condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in custodia, come da dispositivo. Non risultano beni residui in sequestro>>.