Regionali Sicilia: vince Crocetta, boom di Grillo, crollo del Pd

di Redazione

 CrocettaPALERMO. Rosario Crocetta è il nuovo presidente della Regione Sicilia. Il neo governatore ha prevalso con il 30,48% dei voti.

Ma le elezioni segnalano anche la vittoria di due partiti: quello del non voto – alle urne si è recato solo il 47,4% degli aventi diritto – e quello di Grillo, che nell’isola diventa il primo partito. Il candidato del centrodestra, Nello Musumeci, prende 25,73%, mentre il Pdl crolla di 20 punti e si attesta appena al 12%.

Sia Crocetta che Musumeci (Pdl-Pid- Adc) hanno ottenuto una percentuale lievemente maggiore della somma dei voti delle liste che li hanno sostenuti. L’alleanza Pd-Udc non avrà però la maggioranza all’Assemblea regionale sicliana (Ars): Crocetta potrà infatti contare solo su 39 seggi su 90 e dovrà cercare quindi degli alleati per arrivare a quota 46.

Il terzo candidato alla presidenza più votato è stato Giancarlo Cancelleri del Movimento 5 stelle che ha ottenuto il 18,18% mentre la lista dei grillini ha preso il 14,88% e 15 seggi (è il primo partito in Sicilia). Dopo di lui c’è Gianfranco Miccichè col 15,41% delle preferenze mentre le liste che lo appoggiavano Grande Sud-Mpa-Fli-Ppa) hanno ottenuto complessivamente il 19,99% e 15 seggi complessivi. Giovanna Marano ha preso il 6,06% dei voti. Le liste che la appoggiavano Idv (3,5 %) e Sel-Verdi-Fds-Lista Fava presidente (3,06 %) non hanno superato lo sbarramento e non entrano all’Ars.

Per Palazzo d’Orleans il candidato di Pd e Udc passa però senza una maggioranza certa a Palazzo dei Normanni che gli consenta di fare subito il governo. Ma se la vittoria del candidato dell’alleanza-laboratorio tra democratici e centristi non è completa, è il quadro politico ad uscire fortemente segnato dal boom grillino e dell’astensionismo.

Come andrà a finire la partita Crocetta lo si vedrà nei prossimi giorni: un’alleanza con Gianfranco Miccichè (che non entra all’Ars) e con l’ex presidente Lombardo, vero arbitro data l’indisponibilità di Grillo ad alleanze, appare l’unica praticabile, ma l’interessato è pronto anche a tornare alle urne (“Se qualcuno mi dovesse fermare allora si va al voto e sono convinto che questa voltà sarò eletto con il 60% dei consensi”).

“Se Crocetta dovesse chiamare, sarei felice di dargli una mano per il bene della Sicilia”, afferma in una intervista al Secolo XIX Miccichè, che aggiunge: “Alfano dice una fesseria perché io con il centrodestra non ho più nulla da spartire. Ho rotto due anni fa, quindi non ha alcun senso sommare i voti del Grande Sud a quelli del Pdl: siamo cose diverse”. Del Pdl, Miccichè dice: “Non hanno un progetto, non hanno idee, sono divisi. Si sono suicidati”.

Si tratta in ogni caso, come dice il segretario Pd Pier Luigi Bersani, di “risultati storici”. E lo è davvero se si pensa al cappotto 61 a 0 che subì il centrosinistra nel 2001, ma anche al tratto anti-mafia che rivendica il nuovo governatore: “Si è rotto un muro di gomma, per la prima volta è stato eletto un candidato che ha scelto come valore fondante la lotta alla mafia”.

Non solo il Pdl, che ne subirà le più immediate conseguenze. Perché anche quelli che hanno vinto non sono usciti indenni (persino il Pd ha lasciato 5 punti sul campo) e perché tutti dovranno fare i conti con il forte segnale che arriva dall’astensionismo siciliano. Meno di un siciliano su due è andato a votare e Crocetta diventa governatore con il voto di circa il 15% dell’elettorato totale. Nemmeno Grillo è riuscito a incidere un blocco che ha rifiutato insieme la politica e la cosiddetta anti-politica. Anche questo dovrà far riflettere.

Per il Movimento 5 Stelle è stata una vittoria limpida. Cancelleri ha beneficiato del voto disgiunto e il movimento è balzato dal 2% del 2008 (politicamente è ormai giurassico) al 18% attuale. Soprattutto è oggi il primo partito dell’isola.

Il terzo polo, pur diviso in Sicilia tra Crocetta e Miccichè, può cantare vittoria. E Casini ha tutte le ragioni per invocare la validità del laboratorio siciliano: “Da lì è arrivata un’indicazione chiara e semplice: è ineludibile il rapporto tra progressisti e moderati che mette al bando gli estremismi e i populismi ed è l’unico antidoto all’ antipolitica”. Perché, argomenta Casini, Grillo può arrivare ad un 25% nazionale e se si vuole contrastarlo servono alleanze vincenti. Il Pd, dice, eviti di ragionare per sommatorie perchè Grillo ha “rubato” voti a Idv e Sel.

Vendola vede naufragare il progetto tutto di sinistra su cui aveva puntato in Sicilia: ma invita il pd a non cantare vittoria. Perché, visto il boom delle astensioni, “In Sicilia non ha vinto nessuno” e l’siola è “sull’orlo del baratro”. Da Vendola arriva anche l’ennesimo stop alle alleanze con Casini, accusato di “camaleontismo”. Una posizione con la quale il pd docrà fare i conti.

Chi è sempre più nei guai è il Pdl. Nello Musumeci è uscito sconfitto dalla prova elettorale e il partito ha perso oltre 20 punti, quasi i due terzi dei voti. Un’altra ferita in un Pdl sempre più dilaniato. Alfano non è riuscito a portare dalla sua parte i moderati in campo nazionale (“Se i toni sono quelli di Berlusconi – dice oggi Casini – è ridicola ogni ipotesi di rapporto con il Pdl”) e neanche nella sua Sicilia (dove il Cavaliere ha brillato per l’assenza). Il segretario però tiene duro la colpa della sconfitta, dice, è “del centrodestra diviso”) e conferma sia la data delle primarie (il 16 dicembre) sia la propria candidatura. Il rischio a questo punto è che le primarie diventino il terreno di uno scontro anche personale, quasi una sorta di ordalia, dall’esito, per la sopravvivenza del partito, difficilmente prevedibile.

“Il voto siciliano è stato il laboratorio negativo perché è stato il massimo del trasformismo, il fallimento del federalismo esasperato. C’è tutto il negativo”, ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno durante la trasmissione Omnibus. “Il Movimento 5 Stelle sicuramente ha recuperato – ha aggiunto – ma non è la risposta perché al 50% dei siciliani non gliene è importato nulla neanche di Grillo. Ora c’è un enorme bacino di persone che vuole risposte in termini di rinnovamento e di governabilità, ma anche una politica seria”.

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