La fine del campione bionico: i 7 tour di Armstrong saranno revocati?

di Redazione

Lance Armstrong “The cheater”, semplicemente l’imbroglione. Comunque vada a finire il procedimento che l’Usada ha aperto contro il campione di ciclismo Lance Armstrong per doping, questo marchio ormai lo accompagnerà per sempre, ammantando la sua lunga serie vittorie con l’ombra dell’irregolarità.

La favola dell’uomo che visse due volte, del buon ciclista che dopo aver sconfitto il tumore si era trasformato nel leggendario vincitore di 7 Tour de France consecutivi, sta prendendo i contorni della cronaca di una truffa colossale.

Il rapporto dell’agenzia americana per la lotta al doping ha evidenziato l’esistenza di una vera e propria macchina del doping che ha accompagnato tutta la carriera del texano. Intercettazioni, riscontri, testimonianze di 11 dei suoi ex compagni di squadra iniziati alla pratica dal loro capitano, hanno rivelato l’uso sistematico di droghe sintetiche per aumentare le performance del team tra il 1998 e il 2005.

Frankie Andreu, Michael Barry, Tom Danielson, Tyler Hamilton, Floyd Landis, Stephen Swart, George Hnicapie, Christian Vande Velde, Levi Leipheimer, Jonathan Vaughters, e David Zabriskie hanno testimoniato contro il loro ex capitano ma anche contro se stessi.

Le squadre in cui ha militato Lance Armstrong nella sua carriera agonistica U.S Postal e Discovery Channel, erano costruite secondo il sistema di allenamento del dottor Michele Ferrari. Il guru dell’evoluzione dell’applicazione scientifica del doping allo sport, sottoposto a procedimento giudiziario in Italia per frode sportiva, si avvaleva di membri interni alla squadra per la somministrazione e lo spaccio delle sostanze dopanti. Il d.g. Bruynel, i dottori Celaya e del Morals e l’allenatore Pepe Marti fungevano da anello di raccordo in gara tra lui e i ciclisti.

“Noi avevamo un obiettivo e un’ambizione: vincere la gara ciclistica più importante al mondo e non solo una volta, ma continuare a vincerla sempre”; questa la dichiarazione d’intenti riportata da Armstrong nella sua biografia. “Vincere ad ogni costo” il diktat del campionissimo, come traspare dagli interrogatori incrociati di ciclisti e collaboratori che hanno ammesso l’uso di Epo, testosterone,cortisone e trasfusioni di sangue da utilizzare al bisogno per facilitare l’afflusso di ossigeno dai polmoni ai muscoli aumentando la resistenza alla fatica.

Delle pratiche scientificamente innovative, che hanno fruttato a Schumi (il nickname usato per il dottor Ferrari) circa 1 milione di dollari versati sui suoi conti correnti dal solo Armstrong, emerge un quadro umano desolante. Corrieri, a volte le stesse mogli degli atleti, che distribuivano durante le corse “the oil” un misto di testosterone occultato nell’olio di oliva; un traffico internazionale di Epo per mimetizzare le trasfusioni di sangue dal Sestrieres a Girona, passando per Tenerife e Nizza . Perno di questa filiera criminale era sempre Lance. A lui sono ascritte i reati di detenzione, spaccio e induzione all’uso di droga sportiva che emergono da raffronti tecnici e testimonianze di storie degeneri. Vande Velde ad esempio fu obbligato “to get serious” nel lavoro seguendo alla lettera il programma dopante di Ferrari, Floyd Landis fu posto per tre settimane a custodia della riserva delle decine di borse di sangue contenute in un frigorifero nascosto nel bagno patronale di casa Armstrong a Girona.

Il semidio del ciclismo, ormai caduto nella polvere dello sconcerto popolare, ha deciso di non rispondere alle accuse della Usada per il momento, sentendosi vittima di una persecuzione. In gara invece, il texano più volte aveva assunto l’atteggiamento del “bullo di quartiere” come quando in maglia gialla “riprese” il fuggitivo Filippo Simeoni, isolandolo dal gruppo, in quanto reo di aver deposto contro le pratiche dopanti del dottor Ferrari.

Gli appassionati delle due ruote, da tempo abituato allo scandalo doping, hanno già sentenziato: Lance killed our trust. Il mito dell’ araba fenice risorta dalle sue ceneri, del superuomo che con la forza di volontà ha sconfitto prima il cancro e poi i suoi avversari in gara, annichilendoli con la sua bionica supremazia, è comunque caduto. Sebbene l’ Uci non si sia ancora espressa ufficialmente circa le vittorie conseguite a ripetizione dal sef-made man del ciclismo mondiale( si parla di revoca dei 7 Tours) è il valore morale delle sue imprese che viene messo in discussione.

Se la differenza tra un vincente e un perdente è “questione di dettagli” come diceva Armstrong , la differenza tra un campione e un mediocre nella sport come nella vita, sta nel coraggio di affrontare solo con le proprie capacità e dignità ogni sfida, anche a costo di essere sconfitti. Non un dettaglio da poco.

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