Renzi a Caserta: “Se vinco D’Alema è fuori”

di Redazione

Matteo RenziCASERTA. Dopo aver percorso circa 10.400 chilometri col suo camper ecologico ed in ritardo di circa un’ora sulla tabella di marcia, il “Rottamatore” è approdato nella città della Reggia.

In maniche di camicia, calcando il palcoscenico del Teatro Comunale di Caserta, al pari di un consumato attore, Renzi ha esordito con il botto.“Caro segretario Bersani è vero, come dice lei, che senza le radici non ci sono le foglie nuove e noi non vogliamo mettere in discussione le radici, ma pensiamo che ci siano rami secchi che vanno potati se vogliamo far germogliare le gemme. Non è accettabile, con la scusa delle radici, che si tengano in vita i rami secchi che fanno morire l’Italia”.

Non si può dire che l’Obama style della campagna dei renziani non abbia un impatto mediatico innovativo rispetto ai classici comizi in politichese. Grafici economici, continuo ricorso alla rete, partecipazione politica collettiva attraverso il suo sito, linguaggio concreto e diretto non scevro di retorica popolare sono gli elementi che il primo cittadino di Firenze ha scelto per rimarcare la cesura con la governance dei “sepolcri imbiancati”, quella da rottamare appunto. Non si tratta solo di pensionare le facce che dopo vent’anni di cattiva politica si ripropongono come rimedio alla crisi che hanno procurato, ma di rinnovare lo spirito della politica.

“Rottamare”equivale allora ad una riforma della classe politica eliminando i vitalizi, tenendo fede al risultato del referendum per l’abrogazione dei finanziamenti pubblici ai partiti, dimezzando il numero dei parlamentari. A chi dice che queste proposte sono solo demagogia, il figlio illegittimo del Pd risponde con i provvedimenti adottati durante la sua esperienza amministrativa. Dal suo ufficio a Palazzo Vecchio il sindaco ha ridotto il numero degli assessori, aumentato (sono la maggioranza) il numero delle donne in giunta, abolito l’auto blu e diminuito l’addizionale Irpef.” Certo io l’ho fatto in una piccola e povera città come dice Marchionne – ha ironizzato il guascone gigliato – Peccato per lui che noi fiorentini abbiamo fatto il Risorgimento e loro (la Fiat) … la Duna”.

 Da protagonista del proscenio qual è, Renzi ha alternato attacchi al vetriolo e satira politica a momenti di affabulazione. Nel ricordare il passato scoutistico ha fatto troneggiare alle sue spalle l’immagine di Don Peppe Diana, il prete- scout che è stato ucciso per il suo impegno nella lotta alla mafia casalese e, successivamente, è ricorso al ricordo dell’ indimenticabile Massimo Troisi per invocare l’appello all’ottimismo: “La speranza ha ancora casa in Italia”.

Il rilancio nostrano deve passare per il recupero della classe media che fino al 2001 era la spina dorsale del paese (72% dei cittadini) e, con l’abbassamento del potere d’acquisto, ha varcato ampiamente la soglia di povertà (oggi raccoglie solo il 35% della popolazione).

Le riforme da fare sono molte: un migliore utilizzo dei Fondi europei a volte dimenticati o male utilizzati da amministratori fraudolenti, la tassazione delle rendite per l’investimento in asili nido e la formazione dei docenti, la valorizzazione attraverso l’apporto di capitali privati di “simboli culturali” come la Reggia di Caserta in modo che siano portatori di lavoro e ricchezza.

I fuochi d’artificio “lo sbruffoncello fiorentino” li ha preservati per il finale. Sebbene le regole siano definite un po’ strane, arzigogolate e limitative, lui concorrerà lealmente alle primarie perché “Una battaglia politica si può anche perdere ma non si può perdere la faccia.

Se perderò non solo darò una mano a chi ha vinto ma farò di più: non prenderò premi di consolazione, non fonderò partitini, non farò né il ministro né il sottosegretario perché non venderò le mie idee”.

Ese fosse lui a spuntarla? “D’Alema ha detto che in caso di mia vittoria non ci sarà più il centrosinistra, ma si sbaglia. Se Renzi sarà il candidato premier alle prossime elezioni non finirà il centrosinistra; tutt’al più finirà la sua carriera politica”.

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