Biblioteca comunale e museo civico a rischio chiusura permanente

di Redazione

 SANTA MARIA CV. “Chiusa a tempo indeterminato per inagibilità dei locali”. Questa laconica spiegazione, ripetuta ormai da due anni dai dipendenti comunali,certifica difatti la chiusura sine die della Biblioteca di Santa Maria Capua Vetere.

Dopo il clamoroso caso dello sfratto della Biblioteca dell’Istituto per i beni filosofici a Napoli, in scala ridotta ed in modo molto più silente, la strage del patrimonio cartaceo si sta consumando anche nella Città del Foro. Un ergastolo non solo per la raccolta nata dalla generosità dell’avvocato Pezzella, circa 4mila volumi donati dal noto magistrato, ma anche per il Museo Garibaldino e del Risogimento, allestito dal 2003 anch’esso nel complesso dell’”Angiulli”, in quello che era il Convento di San Bonaventura.

Appurato che la scarsità di risorse pubbliche si ripercuote soprattutto nel settore della cultura(la Fondazione Vico parla di 750 biblioteche a rischio chiusura solo in Campania), la gestione della Biblioteca Comunale “Federico Pezzella” nel corso degli anni costituisce l’ennesima riprova della scellerata incuria dei malgoverni locali in termini di tutela del patrimonio pubblico.

Per diversi anni le circa 22000 opere avevano trovato casa nel Salone degli Specchi del Teatro Garibaldi salvo poi essere relegati in scatoloni lasciati all’intemperie. Di conseguenza alcuni manoscritti e testi, persino della seconda metà del ’700, sono stati irrimediabilmente danneggiati a causa dell’umidità e delle infiltrazioni d’acqua pluviale provenienti dal malandato tetto dell’edificio.

L’attuale localizzazione presso l’Angiulli del patrimonio librario cittadino sembrava finalmente aver coniugato le esigenze organizzative con la valorizzazione del Museo Civico. Anche in questo caso il progetto è “naufragato” in breve tempo: penetrazioni d’acqua dal sottosuolo e danni ad uno dei pilastri fondamentali hanno reso i locali inaccessibili al pubblico.

La struttura, benché parte del demanio statale, è posta sotto la tutela delle autorità comunali chiamate a svolgere interventi di ordinaria amministrazione e, se indispensabili come in questo caso, di tipo strutturale.

“Il Comune ad ora non ha pianificato alcun trasferimento della Biblioteca presso altre sedi – ha commentato il dottor Laurenza (dirigente responsabile della Biblioteca Comunale) – ed è da escludere la messa a bilancio di ingenti fondi da stanziare per un bene demaniale (per giunta a destinazione culturale…). E’ davvero un peccato. Noi dell’ufficio abbiamo lavorato sodo per rendere la nostra biblioteca un punto di riferimento per tutta la provincia mentre ora possiamo offrire solo un servizio parziale”.

I dipendenti preposti stanno informatizzando l’ archivio locale ed immettendo nella rete dell’Archivio Nazionale delle Biblioteche i titoli dei testi in possesso. In questo modo l’utente potrà recarsi presso gli uffici di piazza D’Angiò e richiedere il prestito del libro, la cui consegna avverrà dopo un periodo d’attesa necessario al reperimento dello stesso.

Quasi nulle le speranze, quindi, per i nostalgici dell’odore della carta stampata ed i renitenti a Wikipedia di poter consultare in loco i testi che dovrebbero essere sempre a disposizione dei cittadini.Tale scetticismo è confermato dalla Soprintendenza che pure effettua periodici sopralluoghi nelle stanze dell’ex convento per il controllo dello stato di conservazione della tela di Luca Giordano. Anche in questo caso non si riscontra la capacità di reperire fondi necessari per la messa in sicurezza del più importante Monastero dei Frati minori scalzi più importante del Sud Italia, risalente al 1677 e corredato dal sottostante cimitero con sepolture a seduta.

Il monastero degli Alcantarini che era riuscito a sopravvivere al saccheggio ed alla profanazione delle truppe francesi post Repubblica Partenopea, sembra destinato ad arrendersi alle logiche utilitaristiche della politica locale. Da sempre il disinteresse ed il logorio del tempo si sono dimostrati strumenti molto più efficaci e silenti di ruspe ed escavatori per consegnare all’oblio parte del patrimonio storico culturale cittadino reo si essersi dimostrato un “investimento politicamente svantaggioso”. A tal proposito – ha chiosato il dottor Laurenza – vale la pena ricordare il vecchio adagio che recita: “La cultura non paga, non dà da mangiare…e soprattutto non produce voti”.

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