Alcoa, falso esplosivo: era solo mastice

di Redazione

 CAGLIARI. Quello ritrovato ai piedi del traliccio vicino allo stabilimento Alcoaè un falso ordigno.

All’interno, come hanno stabilito gli artificieri, c’era solo mastice. I fili elettrici cheuscivano dai candelotti arrivavano ad una scatola con una batteria ma che nonera un detonatore. ”E’ comunque un brutto segnale”, hanno affermatogli investigatori. La presenza di esplosivo era stata segnalata con una telefonata anonima giunta all’agenzia Ansa.

Intanto, dopo quattro giorni passati a 70 metri d’altezza i tre operai dell’Alcoa, uno con problemi cardiaci, sono scesi dal silos dell’acqua. C’è voluta una lunga trattativa con i delegati Rsu per convincerli a desistere, nella stessa giornata in cui l’azienda ha rimandato agli esiti della riunione di lunedì 10 a Roma, al ministero, lo spegnimento contemporaneo di 85 celle elettrolitiche, previsto per venerdì.

La mobilitazione però non si ferma ed anzi la lotta prosegue più aspra con Cgil, Cisl e Uil che hanno annunciato il blocco degli straordinari e lo sciopero di 24 ore lunedì, in concomitanza con il vertice al ministero dello Sviluppo economico, all’esterno del quale ci sarà un presidio di oltre 500 operai che arriveranno nella Capitale in nave e in aereo. Con loro a Roma anche i 23 sindaci del Sulcis Iglesiente che hanno portato oggi la propria solidarietà agli operai in lotta, insieme con i minatori della Carbosulcis.

Nel frattempo, le trattative per l’eventuale cessione dello stabilimento viaggiano su due canali differenti e paralleli, uno imprenditoriale e uno istituzionale. Sfumata l’ipotesi del Fondo Aurelius, Governo e Regione Sardegna stanno tentando di aprire un negoziato con Glencore, mentre l’Alcoa ha ancora aperti contatti con Klesch. Entrambe le multinazionali svizzere hanno esperienza nel campo dell’alluminio grazie alla partecipazione in aziende che lo producono: la Glencore – con sede a Baar e già presente nel polo industriale del Sulcis con la Portovesme srl – negli Stati Uniti e la Klesch nei Paesi Bassi.

L’Alcoa, intanto, continua a ribadire di non avere ricevuto alcuna “nuova e concreta manifestazione di interesse” da parte di potenziali acquirenti dell’impianto di Portovesme dal 1 agosto scorso, ricordando che questa estate l’elenco degli interessati si era ridotto a due. Dal canto suo il Governo, dopo aver sondato la disponibilità di Glencore, avrebbe ripreso i contatti anche con Klesch.

Per sbrogliare la matassa, tutta l’attenzione si sposta sul vertice di lunedì al Mise e sulle risposte che daranno il Governo e Alcoa, in base alle effettive manifestazioni di interesse che dovessero arrivare nelle prossime ore. Glencore, in una nuova lettera inviata oggi al sottosegretario Claudio De Vincenti, ha subordinato l’apertura del negoziato alla soluzione dei tre nodi già posti all’attenzione del ministero: abbattimento dei costi dell’energia, infrastrutture ed efficienza dello stabilimento, compreso l’impatto sul personale.

La multinazionale svizzera, che ha elencato nei dettagli le varie domande, chiede al Governo di “redigere una tabella o un documento che affronta e definisca” le questioni poste “il più presto possibile”. Solo allora, si precisa nella lettera, “Glencore sarà disponibile ad inviare l’offerta in linea con il indicazioni di Alcoa sul ‘processo di cessionè”.

Il governatore sardo, Ugo Cappellacci, ha proseguito anche sabato “una doverosa azione di ‘moral suasion’ per favorire il passaggio dello stabilimento di Portovesme”, promuovendo incontri separati con Glencore e Alcoa e un successivo passaggio a tre “fuori dalle procedure formali di trattativa tra le parti”.

“Non si possono in alcun modo abbandonare al loro destino i lavoratori di Alcoa e più in generale i lavoratori delle imprese italiane. Nei momenti della crisi la politica deve occuparsi di chi non ha gli strumenti per difendersi da solo”, ha detto il capogruppo alla Camera del Pd, Dario Franceschini.

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