Libia: partono navi da guerra Usa

di Mena Grimaldi

 WASHINGTON. L’attacco al consolato a stelle e strisce di Bengasi, in cui sono morti l’ambasciatore Chris Stevens e tre suoi collaboratori, ha ributtatogli Usanell’incubo di Al-Qaeda. Due navi da guerra americane sono partite alla volta della Libia.

Unadecisione presentata da una fonte del governo come “misura precauzionale”. Intanto, sono stati evacuati gran parte dello staff diplomatico libico in Germania. Lo riferiscono funzionari Usa rendendo noto anche che tutte le ambasciate Usa nel mondo sono state allertate affinchè rivedano tutti i loro servizi di sicurezza. Le iniziative militari prese da Washington, ha detto il portavoce del Pentagono, George Little, senza riferirsi in modo specifico alle navi, sono “non soltanto logiche, date le circostanze” ma anche “improntate a prudenza”.

“State tranquilli”, ha detto il presidente Barak Obama, “lavoreremo insieme con il governo libico per portare davanti alla giustizia coloro che hanno assassinato la nostra gente”. Quanto a Stevens, ha sottolineato Obama in un messaggio al Paese pronunciato avendo accanto il Segretario di Stato americano, “io e Hillary Clinton puntavamo su di lui per la transizione” nel Paese nordafricano. I rapporti con Tripoli, però, “non saranno spezzati” e Washington “non farà marcia indietro sull’impegno per la costruzione” della nuova Libia.

L’amministrazione Usa, che ha spedito in Libia anche agenti del Fbi, ritiene che l’attacco alla missione Usa a Bengasi sia stato pianificato da un gruppo organizzato e non direttamente legato alle proteste per il film su Maometto.

“La protesta del Cairo – si legge sul New York Times, che riporta le confidenze di una finte interna al governo americano – sembra una mobilitazione spontanea contro il video anti-Islam prodotto dagli Usa. Al contrario, le persone che hanno attaccato l’ambasciata a Bengasi erano armati con mortai e granate. Alcune indicazioni suggeriscono che un gruppo organizzato abbia atteso l’opportunità delle proteste per attaccare, oppure che forse le abbia addirittura generate per coprire l’attacco”.

E, nel frattempo, Obama ha parlato al telefono con i leader di Libia ed Egitto per discutere con loro di cooperazione per la sicurezza dopo l’assalto al consolato di Bengasi. Lo rende noto la Casa Bianca, precisando che il presidente americano ha parlato con il capo del Congresso nazionale libico, Mohammed al-Magariaf, a cui ha sollecitato “la sicurrezza del nostro personale in missione”, e con il presidente egiziano Mohamed Morsi.

Con il suo interlocutore libico, il “presidente ha chiarito che dobbiamo lavorare insieme per fare tutto il possibile per identificare gli autori di questo attacco e per portarli di fronte alla giustizia”, si legge nella nota. Con Morsi Obama ha sottolineato “l’importanza che l’Egitto segua il suo impegno a cooperare con gli Stati Uniti nel rendere sicure le sedi e il personale diplomatico americano”. A Morsi il presidente americano ha anche detto che pur respingendo ogni tentativo di denigrare l’Islam, “non c’è mai una giustificazione per la violenza contro gli innocenti”.

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