Film blasfemo: scontri e vittime in tutto il mondo

di Redazione

 Ancora un giorno di proteste, odio e violenze, quello di venerdì, da parte degli islamisti verso l’Occidente, con manifestazioni, scontri e vittime tra Africa, Medio Oriente e Asia, che sono arrivati anche a Sidney, in Australia.

Sulla scia della rabbia esplosa per il film blasfemo anti-Maometto prodotto negli Usa sono state attaccate diverse ambasciate occidentali. E dal Libano il Papa fa arrivare il suo messaggio: “Il fondamentalismo falsifica la fede”.

Intanto, il consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione di ferma condanna degli assalti. Per l’Onu, le violenze sono ingiustificabili a prescindere dalle loro motivazioni. E le autorità federali statunitensi hanno interrogato Nakoula Basseley Nakoula, il copto di origini egiziane che dice di essere uno dei produttori del film.L’uomo vive a 40 chilometri da Los Angeles e dice di essere uno dei produttori del film anti-Islam, è stato interrogato da funzionari delle autorità federali. Nakoula non è stato ammanettato e ha lasciato la sua casa volontariamente, riferiscono fonti di polizia.

Al QUAEDA ESORTA I “CROCIATI”. Il ramo di Al Qaeda nello Yemen chiede ai musulmani di uccidere i diplomatici americani, in nome di una “crociata” contro il film anti-Islam. “Chiunque incontri ambasciatori o emissari americani dovrebbe seguire l’esempio dei libici, che hanno ucciso l’ambasciatore Usa”, è il messaggio lanciato dal gruppo terroristico. E i talebani pachistani chiedono al Pakistan di reagire per difendere la religione islamica. In una e-mail inviata all’Ansa, il portavoce del Tehrik-e-Taliban Pakistan, Ihsanullah Ihsan, ha messo in guardia gli Stati Uniti “e in suoi alleati” dall’offendere il profeta Maometto. Ha poi rivolto un appello “ai giovani del Pakistan” di “ribellarsi per difendere la religione e la sacralità dell’Islam” come è successo a Bengasi.

AFGHANISTAN, ATTACCO A BASE BRITANNICA. Attacco talebano alla base di Camp Bastion, nella provincia di Helmand nel sud dell’Afghanistan, la postazione britannica dove da alcuni giorni è di istanza il principe Harry. Nell’attacco sono rimasti uccisi due marines americani, mentre l’Isaf ha precisato che il principe britannico non è rimasto coinvolto nell’attentato: “Era nella base ma non è mai stato in pericolo”, secondo un portavoce Nato. Un nuovo attacco talebano in Afghanistan che arriva a pochi giorni dalle minacce contro Harry, – pilota di elicotteri Apache che proprio oggi festeggia il suo 28esimo compleanno – arrivato qualche giorno fa in Afghanistan per una missione di quattro mesi. Sabato scorso Harry è finito nel mirino dei talebani: “Faremo di tutto per ucciderlo o catturarlo”, aveva annunciato un portavoce dei ribelli, Zabiullah Mujahid. Ma sull’attacco – considerando che le vittime sono due marines Usa – pesa anche un’altra minaccia dei talebani, quella lanciata contro gli americani sulla scia delle proteste del mondo islamico dopo il film sul profeta Maometto.

TUNISI, 4 MORTI IN SCONTRI AMBASCIATA. Secondo il sito Tunisie Numerique, che cita fonti ospedaliere, è salito a quattro il numero dei morti negli scontri di ieri davanti all’ambasciata americana a Tunisi. Nella capitale dello stato nord-africano dei giovani inferociti sono riusciti a penetrare oltre la cinta muraria dell’ambasciata Usa, nonostante le forze di sicurezza sparassero anche ad altezza d’uomo. Sono stati respinti solo dopo alcune ore lasciando sul terreno decine di feriti, due dei quali sono poi morti in ospedale. Nel frattempo, anche la scuola americana a Tunisi era stata incendiata e gravemente danneggiata.

MORTI ANCHE IN EGITTO E LIBANO. Difficile anche la situazione al Cairo, benché i Fratelli musulmani del presidente Mohamed Morsi avessero ritirato un loro precedente appello a scendere in piazza in tutto l’Egitto. Centinaia di persone hanno continuato per tutta la giornata a fronteggiare la polizia, schierata massicciamente a protezione dell’ambasciata americana. Un giovane ha perso la vita. In Libano un uomo è stato ucciso dalle forze di sicurezza dopo l’assalto a un fast food americano a Tripoli, seconda città del Paese. Anche qui i feriti sono stati una trentina. Episodio avvenuto proprio nel giorno in cui Papa Benedetto XVI, in visita nella capitale Beirut, chiedeva il trionfo della pace e dell’amore sulla guerra e sull’odio.

PROTESTA IN AUSTRALIA. Oltre 500 persone sono scese in piazza a Sidney, in Australia, per protestare contro il film anti-islam. Lo riferiscono media locali che parlano di arresti tra i manifestanti dopo scontri con la polizia che ha lanciato lacrimogeni. “Decapitazione per tutti quelli che insultano il profeta”, hanno gridato i manifestanti.

SUDAN, INVASA AMBASCIATA TEDESCA. Venerdì, a Khartoum, in Sudan, l’ambasciata tedesca è stata temporaneamente invasa da alcune decine di dimostranti che sono anche riusciti a strappare la bandiera tedesca, mentre la grande massa è stata bloccata all’esterno e si è poi avviata, in una marcia furiosa, verso la sede diplomatica statunitense. In diecimila si sono riversati verso il compound senza però riuscire a sfondare. E anche i britannici sono riusciti a difendere i loro edifici, bloccando a distanza i fondamentalisti che agitavano i vessilli neri dell’integralismo e bruciavano – al grido di ‘Allah Akhbar’ – le bandiere americane e israeliane.

YEMEN, SCONTRI DAVANTI AMBASCIATA USA. In difficoltà, dopo i quattro morti di ieri, anche le autorità yemenite che a Sanaa sono nuovamente intervenute in forze con lacrimogeni e idranti, riuscendo a tenere i manifestanti a circa 500 metri dalla sede diplomatica Usa.

IRAN, SFILATA ANTI-USA A BASSORA. In Iran migliaia di persone si sono radunate a Teheran al grido di “Morte all’America” e “Morte a Israele”; in Iraq altre migliaia di musulmani hanno sfilato a Bassora.

ALTRE PROTETE IN AFRICA. Il continente Africa ha registrato altre dimostrazioni in Marocco, Mauritania, Kenya, Nigeria, Algeria. Dopo L’Iran la protesta più imponente ha visto diecimila persone in piazza a Dacca, in Bangladesh: anche qui bandiere americane e israeliane bruciate oltre a slogan rabbiosi contro “gli insulti al nostro grande profeta”. Come in numerose città del Pakistan, a Giakarta in Indonesia o in India , a Madras, dove 86 persone sono state arrestate mentre marciavano verso il consolato Usa, e in Afghanistan.

OBAMA: “FAREMO GIUSTIZIA”. “Faremo giustizia” promette il presidente Barack Obama, al fianco del segretario di Stato Hillary Clinton, di fronte alle salme dei quattro americani morti in Libia, tra cui quella dell’ambasciatore Stevens, nella cerimonia per il rimpatrio dei corpi. “Il loro sacrificio non sarà mai dimenticato» aggiunge il presidente sottolineando che «gli Stati Uniti non si ritireranno” di fronte alla violenza. E rivolgendosi alle famiglie delle vittime dice: “Sapevano di essere in pericolo e lo hanno accettato. Non solo hanno aderito ai principi americani, hanno dato la loro vita per questi”. Commossa, accanto a lui, la Clinton dice con voce spezzata: “I Paesi arabi non hanno lottato contro la tirannia dei dittatori per quella della violenza”.

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